82 LIBRO XXIX, CAPO XXIV. ritardate le paghe e che perciò eccitavano continuamente nuovi tumulti ; che il milanese era in ruina e che gli spagnuoli vi erano odiati per le gravissime vessazioni con cui ne opprimevano i popoli ; che 1’ armata imperiale era notabilmente indebolita per la separazione delle truppe, che v’ erano state staccate, per muovere contro al duca di Albania. — Ma nulla di tuttociò valse a sollevare dal suo abbattimento 1’ animo di Clemente VII : la sconfitta dei francesi ne aveva talmente fiaccalo il coraggio, ch'egli entrò invece in maneggi col viceré di Napoli. Né fu tardo il viceré ad acconsentirvi, perciocché calcolavasi assai in quell’età l’influenza dei papi. Fecero i veneziani un ultimo sforzo con lui, onde impegnarlo a mandare un nunzio nella Svizzera, per sollecitare la venuta di diecimila uomini, eh’ erano stali assoldati per proteggere la causa comune. Lo pregarono a fare uffizi presso il re d’Inghilterra, per porlo in commiserazione sulle sciagure dell’ Italia e per fomentare il suo limore, che la vittoria di Pavia non rendesse 1J imperatore soverchiamente possente, con pericolo eziandio della sicurezza di lui, cosicché fosse prudenza il concorrere ad arrestarne i progressi. Ma tutto inutilmente rappresenlavangli : il papa non pensava che a sé e ad assicurare la sorte sua. Ciò maggiormente poneva i veneziani nell’ imbarazzo. Risolsero pertanto di pensare nella loro particolarità alla propria pace. Per buona sorte, il viceré di Napoli, che ignorava affatto la confederazione secreta della repubblica coi francesi, aveva mandato a Venezia Giovanni Sarmineto per darle notizia della vittoria, e perchè, come dice il Guicciardini, molto desiderava di fare appuntamento nuovo coi veneziani. I veneziani gli fecero accoglienza onorevole, ed esagerarono con parole 1’ attaccamento loro agl’ interessi e ai vantaggi dell’ imperatore e la buona loro volontà verso di lui. Personalmente a Carlo V furono mandati ambasciatori, a manifestargli questi medesimi sentimenti, Lorenzo Priuli ed Andrea Navagero. L’imperatore mandò a Venezia Alfonso Sanchez,