ANNO 1539. 283 si dovesse restituire tuttociò ch’era stato conquistato nel tempo della guerra. Alla quale proposizione i ministri concordemente risposero, che non si lusingasse punto di trattare di pace sull’ appoggio di questo piano; che il gran Signore era al maggior segno irritato contro la repubblica di Venezia a motivo dell’ ultima lega di lei coll’imperatore; che per venire ad una totale e ferma riconciliazione era d’ uopo, che la repubblica restituisse alla sublime Porta particolarmente Malvasia e Napoli di Romania, e generalmente poi tuttociò eh’ ella possedeva sulle coste dell’ impero ottomano, da Costantinopoli sino a Castel-nuovo ; che questa restituzione si trovava necessaria per far cessare in avvenire qualunque contrasto tra i due principati ; che bisognava inoltre risarcire Solimano dalle spese della guerra, cui egli non avrebbe intrapreso, se non vi fosse stalo provocato dalle ripetute ingiurie dei veneziani; che questo risarcimento non si pretendeva già per vile avidità di denaro, ma perchè similmente la repubblica lo aveva accordato, come condizione di pace, anche all’ imperatore, il quale poi alla fine era meno grande e meno potente di Solimano. Rimase stupefatto il Contarini all’ udire domande sì esagerale ed ingiuste : ma riavutosi del suo stupore, rispose, che le sue commissioni non si estendevano a tanto di poler trattare su questi punti; ch’egli perciò si vedeva costretto a dover cessare da qualunque pratica, finché si volesse appoggiare a simili condizioni il trattato ; che la repubblica voleva bensì far la pace con Solimano, ma non poi con sì grave discapito del suo onore; ch’egli tutl’ al più, nella sua qualità di semplice ministro del senato, avrebbe po~ luto scrivere a Venezia, per dare notizia delle espostegli pretensioni e per provocarne una risposta in proposito ; che perciò li pregava di acconsentire che si sospendesse per alcuni giorni il maneggio, finché nuovi ordini gli fossero giunti. I ministri ottomani a questo franco e ragionevole parlare del Contarini, soggiunsero in tuono più fiducioso e sereno, che non perciò doveva disperare dall’ accomodamento, anzi tenesse per