268 LIBRO XXXI, CAPO VIII. nel posto stesso, in cui s’ era ricoverato, assicurandolo, che danneggiate com’ erano le sue galere non avrebbero certamente potuto sostenere l’impeto dei cristiani. Ma il Doria per sottrarsene addusse a pretesto la stanchezza delle sue ciurme e la necessità di conceder loro riposo, aggiungendo, non potersi dispensare dal ricondurre sollecitamente le sue galere in Sicilia. Gli stessi uffiziali di lui, particolarmente Ferdinando Gonzaga, insistevano perchè almeno svernasse a Corfù, acciocché in sul principio della primavera si trovasse tutta la flotta unita senza verun imbarrazzo. Ma P ostinato genovese non volle cedere tampoco: bensì prima di partire pose quattromila spagnuoli a presidio di Castel-nuovo, la qual cosa dichiarò il Cappello essere in opposizione cogli articoli della lega : perciocché era stato convenuto, che questa piazza dovesse essere consegnata alla custodia di un presidio veneziano. Rispose il Doria, che secondo le sue istruzioni non la poteva dar loro, senza un nuovo ordine dell’ imperatore. Egli fece inoltre distribuire altri seimila spagnuoli nelle città di Budua, di Antivari e di Dulcigno, sotto pretesto di meglio assicurarne il possesso ai veneziani, e di avere pronti da quelle parti i soldati per la vicina campagna. Fatte queste disposizioni, a cui di mal animo acconsentirono i comandanti veneziani, partì il Doria colla sua squadra per la Sicilia : il Grimani condusse la sua nel porlo di Ancona: il Cappello, rimasto solo, tolse ai turchi il piccolo castello di Rizano ; poscia caduto malato per le fatiche e per le afflizioni e dispiacenze del mal esito di questa campagna, ottenne dal senato la permissione di lasciare il comando e di ritornare a Venezia. CAPO VI». Lagnanze del senato coll’ imperatore. Tutto il progresso di questi fatti, nella condotta del generale Doria, cagionava gravi sospetti al senato circa le vere intenzioni