300 LIBRO XXXI, CAPO XIX. proprio segreto di aggiungervi in easo di estrema necessità anche le piazze di Napoli di Romania e di Napoli di Malvasia, quando senza perder quelle la pace ottenere non si potesse ; ma la sua prudenza fu inutile, perchè tradita da due de’ segretari e da Maffeo Leoni savio di terra ferma, i quali ogni cosa all’ ambasciatore di Francia residente a Venezia riferirono, che poi col mezzo del-I’ ambasciatore di Costantinopoli lo fe’ sapere al sultano : scoperti i traditori, chi andò ramingo e infelice dalla patria e chi riparatosi in casa dell’ ambasciatore ne fu cavalo e punito nella vita come si meritava; e a quell’ ambasciatore, che era Guglielmo Pellicier, rimase l’infamia di avere contaminata la dignità del suo ufficio e trasmutata la sua missione di pacificatore in quella di traditore e di spia. Il Darù, che quantunque volte si tratta di accoccarla ai veneziani v’ incastra sempre qualche riflessioncella, e una ne fa sul trattato di pace, che a lui sembra sì strano, qui perchè importa vergogna alla Francia se ne tira fuori seccamente. Questo sarebbe il manco male, ma per vero non so capire, come egli, che mostra aver fatto un’ attenta lettura di Veltor Sandi, che copia il Paruta, che aveva sotl’occhio il Giannotli cui traduce in qualche altro luogo, che cita il Giovio, il Sansovino, Nicolò Crasso, a dispetto di quanto dicono questi scrittori, abbia voluto ostinarsi a ingannare i suoi lettori, dando a loro un’ idea al tutto erronea del Consiglio dei Dieci e degli ordini civili del governo veneto : dico ingannarli, perchè quand’anche fossero degni i nominati autori di poca stima, che pure non sono, anzi il Sandi e il Paruta sono meritevoli d’ ogni maggior riguardo, egli che ha letto e studialo a memoria il suo manoscritto del Governo veneto, del quale ne fa un tanto scapestrato elogio, doveva pure avervi trovato, che quando il Consiglio dei Dicci con giuntarla quale per altro non conosceva meglio delle restanti cose di cui tratta) deliberasse qualche cosa, la sua deliberazione aveva forza di senato, anzi più che di senato, e a sostegno della sua asserzione cita appunto il trattato, che fece con