anno 1538. 143 » Vogliamo forse scordarci di ciò che in tale proposito ha » detto il pontefice, che senza la pace di Cesare e del re di Fran-» eia la faccia della lega conviene essere pallida ? ma non dicono » l’istesso i principali ministri di Cesare ? Il conte d’Agilar in » Roma, e qui a noi don Lopes non hanno più volte tenuta quasi » certa conchiusione, che a fare la guerra a' turchi era necessaria » la concordia e la pace tra’principi cristiani? anzi pur 1’ ha con-» fessato 1’ ¡stesso Cesare ancora, avendoci fatto dire, eh’ egli non » si trova in forze sufficienti da poter contendere col re di Francia » ed insieme fare imprese contra turchi, e però proponeva per • allora la lega solamente difensiva. » Se dunque a questi principi è lecito per lor fini ambiziosi » mantenere le loro discordie, non curando del danno nostro, anzi » della ruina della cristianità tutta ; perchè devesi disdire a noi il » pensare alla conservazione della repubblica e dello stato nostro, • e per quelle vie che ci sono concedute tener lontani i maggiori » pericoli? » Ma se si dice che sia consiglio di necessiià ricorrere ad » aiuti altrui per sostenere la guerra, perchè non si possa ottener » la pace, e massimamente pace tale quale sarebbe veramente » desiderabile, io già negare non voglio che a qualunque strada » ci volgeremo, non siamo per ritrovare di molli travagli e diffi-» colta ; ma ben dico, I’ accordo non essere tanto difficile che si » debba disperarlo, né dovere apportarne così poca sicurtà che » non si debba stimar molto, paragonata a’presenti pericoli. Sap-» piamo pure che’l primo bascià, al consiglio del quale il Signore • tanto deferisce, è stalo sempre ben affetto in questo negozio, ed » alle parole di lui debbono acquistare molto di fede i propri suoi » interessi, poiché la pace gli torna ad utile, e con la guerra non può » avvanzare né grado né ricchezze maggiori; ed intendiamo ancora » che Barbarossa, non trovandosi in molta grazia del Signore, desi-» dera ora più di andarsene in Algeri a godere del suo stato, che » d’avere più a travagliare, poiché vede mutarsi la sua fortuna.