kZh LIBRO XXXII, CAPO XXV. » compiili el tedeum e 1’ ubidiencia meser larchidiacono dixe le » oracion fino se andò in patriarchado e foli prexenta le chiave » in camera de li patriarchi el diio comeso senando al so mona-» sterio el linconimi stele in patriarchado fin che el dito moliseli gnor vene in palriareao acompagnado con la segnoria. » Da questo racconto si è fatto di raccogliere, che quando i patriarchi prendevano il possesso per mezzo di un procuratore, lo ricevevano dall’ arcidiacono: e quando personalmente vi andavano, li accompagnava il doge con la signoria : ed in tale occasione rinnovavasi fuor di dubbio la ceremonia compiuta prima dall’ arcidiacono. E per non andar Iroppo a lungo in questo soggetto, giova commemorare, trovarsi memoria del solenne possesso, che il doge Francesco Erizzo, addì 27 giugno 1652, diede al patriarca Federigo Cornaro, cardinale. Nella quale solennità, il doge accompagnalo dal suo consueto corteggio, si recò in sulle 20 ore, che in quella stagione corrisponderebbero alle k, circa, pomeridiane, al palazzo del cardinale Cornaro, a san Polo, il quale discese con grande seguito e corteggio di prelati ad inconlrare il principe sino alla riva, donde lo condusse al suo appartamento, quasi a riposo, ed a familiare dimostrazione di benevolenza e di gratitudine. Compiuto il quale uffizio, il doge a sinistra ed il cardinale alla destra, con lutto il copioso seguilo di prelati e di .senatori, scesero dall’ appartamento ed entrarono in Ire magnifiche barche sontuosamente addobbate, da cui tutti dovevano essere trasferiti alla basilica metropolitana. Giunti colà, il patriarca vi fu accolto dal clero di essa, preceduto dal suo luogotenente, o vicario generale, Gian-Paolo Savio, vescovo di Feltre, ed entrato nel tempio colle consuete formalità, giunse all’ aitar maggiore, al cui bacio fu condotto dal doge, siccome dal doge fu anche fatto sedere sul trono patriarcale, in segno del possesso che gli conferiva (1). (i) Una minuta descrizione di tutto familiarmente scritta ad un suo umico questo solenne possesso ci fu conservata e stampata in Venezia nello stesso anno da Giulio Strozzi in una sua Lettera 1CÌ2.