340 LIBRO XXXII, CAPO VII. » egli vuole salvare gli stali vostri ed i suoi; non vi sarà dun-» que miglior consiglio per voi, quanto l’ unirvi strettamente » con lui. » In questi od in somiglianti sensi parlò il cardinale Farnese : ma I’ artifiziosa eloquenza del porporato non valse punto a far cangiar di opinione il sapientissimo consesso dei senatori, da cui erano state già ponderale altre volte tutte le recate considerazioni ; sicché di unanime assenso fu deliberato di non allontanarsi punto dallo stabilito sistema di assoluta neutralità. Ripartì perciò il Farnese per Roma, ove, avendo trovato il papa inclinato a migliori disposizioni, si lusingò, che una tale notizia potesse far la desiderata impressione nell’ animo dei veneziani e li riducesse al suo pensiero. Perciò mandò a Venezia uno deJ suoi secretarli, il quale non fece che ripetere la serie degli argomenti esposti dal cardinale; ma non n'ebbe in risposta, che le medesime risoluzioni. E veramente Paolo III aveva mostrato qualche propensione all’alleanza col re Francesco I, e ne aveva perciò fatto nascere la speranza ; ma nel suo interno n’ era ben lungi : mentre il suo pensiero aggiravasi piuttosto sul modo di procurare la pace tra l’imperatore ed il re. Per questa cagione egli aveva spedito i suoi legati e a Carlo V ed a Francesco I, e aveva mandato altresì ad esortare i veneziani, acciocché anch’eglino cooperassero ad un’opera sì lodevole, e mandassero perciò appositi ambasciatori ad entrambi quei principi. Ma il senato, il quale più volte aveva sperimentato, che le sue migliori intenzioni erano sinistramente interpretate nelle differenti corti d’Europa, non volle fare un passo, che avrebbe forse potuto comprometterlo, vieppiù. Perciò limitossi ad insinuare la pace per mezzo de’suoi ambasciatori ordinarii, ed anche con generiche ed indeterminate espressioni.