anno 1527. 93 CAPO XXX. Roma e presa e saccheggiata dagl’ imperiali. Ad onta del trattalo di quella tregua, il contestabile di Borbone andò colle sue truppe a Firenze, con animo di saccheggiarla c poi passare innanzi a fare altrettanto in Boma. Sbigottito il papa Clemente si lamentò presso i principi della mala fede degl' imperiali; implorò soccorso contro di questi, e promise di rinnovare l’alleanza sconsigliatamente abbandonata. La repubblica di Venezia, premurosa sempre del vantaggio e della prosperità della Chiesa, ordinò al duca di Urbino, che, presidiata la veneta terraferma, passasse con tutto il resto dell’ esercito nella Romagna e quinci nella Toscana. Prontamente fu eseguito il comando ; cosicché il duca, unite le sue forze con un corpo di truppe francesi, si accampò nelle vicinanze di Firenze. Carlo di Borbone, vedendo allora l’impossibilità di eseguire i suoi progetti sopra quella ciltà, si diresse alla volta di Roma ; le si accostò, fingendo di volersi recare nel regno di Napoli ; e giunto che le fu d’ appresso, le diede l’as-salto, il giorno G maggio 1527. Nulla era stato disposto a difesa di quella vasta capitale, il cui larghissimo circuito avrebbe avuto bisogno di opere immense e di numerosa gente. I pochi soldati del papa respinsero vigorosamente quel primo attacco : già si recavano le scale alle mura, quando il duca di Borbone, eh’ era alla testa degli assalitori, rimase ferito da un colpo di archibugio, e pochi momenti dopo morì. Ed in tal guisa terminò la sua mortale carriera, nell’età di trentotto anni, egli, eh’erasi reso alla Francia nemico pericoloso; all’ impero, avventuriere incomodo ; all’ Italia tulla il suo più feroce oppressore. Non di meno, la morte sua, non che salvasse Roma, le fu cagione di assai più grave infortunio. I soldati, furenti per la morte del loro generale, superarono i ripari, sbaragliarono le genti del