ANNO 1517. 17 » per salvar 1* anima sua, egli acconsentì e palesò ; ma poco dopo » rimessosi in salute, fu, per sentenza del Consiglio dei Dieci, » come reo di questo delitto, impiccato. » Rimane poi da sapersi, a qual tempo appartenga, e di quale autorità possa riputarsi il recato documento. Quanto a me, lo reputo di nessuna autorità, e lo dico posteriore di assai al tempo del-l’avvenimento. Eppure ne fece gran conto il dall’Ongaro, ed anzi sull’appoggio di esso lavorò la sua poetica composizione, in cui la magistratura dei Dieci é dipinta coi colori di chi è colpevole della più crudele ingiustizia. E generalmente da chiunque suole sparlare della polizia veneziana è portalo questo medesimo caso, siccome uua evidente dimostrazione della tenebrosa severità e della dispotica ingiustizia del governo della nostra repubblica. Ma nessuno poi volle considerare, che l’indole del delitto non era tale da dover essere portato dinanzi al tribunale dei Dieci. Quindi è, che il dotto nostro Sagredo non a torto allontana dal Consiglio dei Dieci la responsabilità del giudizio pronunziato contro quell’infelice; egli invece sostiene esserne stata portata la colpa alla Quarantia criminale. Ma pur lo sfaccialo slravolgilore delia Storia del Consiglio dei Dieci, pubblicala in Torino, Mauro Macchi, il quale dichiarò sino dalle prime pagine del suo deforme lavoro, non esistere di questa magistratura nè documenti nè traccie.su cui narrarne le azioni, si erige a giudice tra il Sagredo, che parlò da storico, e il dall’ Ongaro verseggiatore, che pose sulle scene coteslo fatto; ed abbracciando, quasi oracolo, 1’ opinione di quest’ultimo, rigetta l’asserzione dell’altro; lo accusa anzi di sbadataggine e dice (1), che il Sagredo • non avvertì la circostanza, non ¡sfuggita, per altro, al dall’ On-» garo, che essendosi consumalo il delitto sulla persona di un patrizio, l’omicidio veniva qualificalo di lesa maestà, e come tale ca-» deva, di natura stia sotto la giurisdizione del Consiglio dei Dieci. • Ma chi disse al dall’Ongaro, chi disse al Macchi, essere slato (i) l’ag, 546 del voi I. VOL. Vili. 5