532 LIBRO XXXII, CAPO V. piantarvi lo stendardo di san Marco. Sommo fu il giubilo degli abitanti di Marano per essere ritornali sotto il dolce e soave governo della repubblica di Venezia. Benché il contratto non fosse stato eseguito con tutta la dovuta legalità ; tuttavolta il senato se ne riputò tranquillo in vista delle circostanze gravissime ed imperiose, di non permettere alla potenza ottomana di por piede nell’ interno seno dell’ Adriatico e così d’appresso alla città dominante. Per la qual cosa conobbe il senato la convenienza e la necessità di scriverne all’ imperatore e all’ arciduca, a fine di addurre una qualche giustificazione dell’operato ed evitare il pericolo di una funesta rottura. Scrisse di fatto all’ uno e all’ altro, e ricordò loro, che la repubblica per ben due anni aveva ricusato le offerte degli occupatori di Marano, eh’ ella aveva dato libero passaggio alle truppe austriache destinate a ricuperare quella fortezza ; aveva ad esse somministrato e viveri e alloggi ed ogni sorta di condiscendenza al buon esito di quell’ impresa : che perciò non potevano i veneziani essere incolpati di avere prestato mano e favore ai ribelli. Aggiunse, che quella piazza non era di veruna importanza per 1’ Austria, in tanta distanza di paese; che per lo contrario sarebbe stato di sommo danno e per T Austria e per la repubblica di Venezia, se fosse caduta in mano dei turchi. Gli ambasciatori veneziani presso le corti di quei due principi seppero con sì maravigliosa destrezza maneggiare questo affare, che Carlo V e Ferdinando, di più rilevanti materie occupati, non mossero ulteriori querele sull’ argomento. CAPO V. I veneziani ricusano eli collegarsi col papa. Mentre la controversia di Marano lenevasi pendente ed a poco a pococonducevasi allo sviluppo testé narrato, il sultano SolimanoII