anno 1567. 375 l’ambasciatore di Selim. Fu licenziato con grandi onori e dopo di averlo colmato di preziosi regali. Nel medesimo tempo fu mandato a Costantinopoli un ambasciatore straordinario, per complimentare a nome del senato il nuovo sultano e per rinnovare con lui gli antichi trattati. A tale uffizio fu scelto Marino Cavalli. Nel seguente anno 1567, ebbesi notizia da Costantinopoli, che il sultano Selim aveva conchiuso coll’imperatore Massimiliano 11 una tregua di otto anni, e che l’ambasciatore Marino Cavalli aveva ottenuto, senza difficoltà, la rinnovazione dei trattati conchiusi dalla repubblica col defunto genitore di lui. Ma non andò guari, che il ministero turco fece succedere a questo generoso procedere una delle più insultanti avanìe. Marino Cavalli, compiuta la sua missione, accingevasi per ritornare a Venezia, quando il gran visir gli proibì di partire, se prima non si fosse unito in accordo col bailo della repubblica e non avessero entrambi promesso in nome del senato di pagare alla Porta una somma di centodiecimila ducati, di cui erano debitori gli ebrei domiciliati negli stati veneziani. Spinse di più il gran visir l’ingiustizia e la violenza sino a costringere l’ambasciatore ed il bailo a comparire dinanzi al cadì; a farveli anzi tradurre con la forza, acciocché ne sottoscrivessero l’obbligazione. Ma il bailo e l’ambasciatore, non atterriti punto delle minaccie e della prepotenza del gran visir, ricusarono con fermezza di ubbidire a quegli ordini ; protestarono anzi in nome del senato e della repubblica di Venezia contro quell' attentato contrario al diritto delle genti violato nella sacra persona di due ambasciatori. Parve tuttavolta al gran visir di averli spaventati e di avere quindi umiliato 1’ orgoglio veneziano : e con questa sua supposizione, cessò dal violentarli e permise al Cavalli il ritorno a Venezia. Pria che questo inviato arrivasse ad informare la signoria di quanto era accaduto in Costantinopoli, il senato ne aveva notizia da alcune lettere eh’ erano state intercettate, provenienti da quella capitale e dirette a qualche ebreo di Venezia. La condotta di