ANNO 1530. 113 a cui stava a cuore il soffocare quest’ ultimo germe di discordia, proposero al duca di Milano di prestargli eencinquanlamila misure di sale da far vendere ai suoi sudditi : il valore di esse gli porterebbe una somma di cinquantamila ducati; e con questa somma potrebbe soddisfare in parte il suo debito. Il duca accettò l’offerta; ritrasse il denaro necessario e lo consegnò ai commissari imperiali : quindi le due piazze gli rimasero libere da straniero presidio. CAPO XL. Differenze con Roma per le nomine ai vescovati. Ricomposte le cose politiche, ed assicurata la pace colle potenze d’Europa, pareva che la repubblica di Venezia avesse dovuto lungamente godere del fruito di tante fatiche sostenute per acquistarsela. Le trascorse agitazioni delle lunghe guerre avevano rallentato alcun poco la fermezza, con che soleva per 1’ addietro sostenere le sue inveterate prerogative nella elezione dei vescovi dei suoi stali. I papi avevanle talvolta contrastalo un tale diritto : anzi Clemente VII non erasi astenuto dal nominare a suo talento a molli vescovati vacanti nei dominii di essa. Ogni qual volla ciò avveniva, il senato non aveva ommesso di far sentire al pontefice i suoi lamenti per mezzo dell’ambasciatore residente presso la santa Sede: ma i suoi lamenti erano sempre riusciti inefficaci. E queste nomine similmente aveva rese inefficaci il senato ogni volta col non concedere agli eletti dal papa il possesso dei vescovati. Clemente VII considerava questo contegno siccome un insulto alla sua pontificale autorità: voleva assolutamente, che il senato cedesse, e minacciava, in caso di ostinazione, di venire a misure estreme. L’affare fu sottoposto alla discussione del senato ; e n’ erano discordi i pareri dei senatori. Alcuni volevano che si cedesse, od almeno che se ne differisse la deliberazione a tempo più opportuno; e ciò sulla considerazione — « che difficilmente il papa si piegherebbe, il quale riputerebbe sempre un punto di onore il VOL. Vili. 15