anno 1533. 119 » electione ; el resto fra giorni otto subsequenti secondo la forma » delli altri et il danaro in altro non se possa spender che nelle » pronte occorentie sì da mar come da terra sotto le pene dife-» renti. Et la presente parte non si intenda presa se non la sarà » etiam presa nel nostro mazor consiglio. » Dalle quali espressioni ci è duopo intendere altresì, che la somma de’ 12,000 ducati non era già un prezzo per ottenere quella dignità, ma era un prestito che si faceva allo stato da colui, che in contraccambio ne veniva onorato col semplice titolo della esteriore dignità. Solimano, in sul gennaro dell’anno 1533 ebbe motivo, o forse cercò pretesto , di lagnanza nel contegno dei veneziani. Imperciocché, nel mentre eh’ egli era in guerra cogl’ imperiali, i veneziani avevano ordinato a Vincenzo Cappello, comandante supremo della loro flotta, che svernava a Corfù, di porsi in mare e di contenersi siccome nell’anno precedente. Il Cappello mandò fuori Francesco Dandolo con sei galere, per dare la caccia ai legni dei pirati, che infestavano l’Adriatico. Il Dandolo scoprì all’altezza della Vallona dodici galeotte barbaresche, e per prepararsi a combattere si allargò in mare: sbagliò d’inavvertenza, perchè di questa sua mossa non comunicò il motivo agli altri capitani della squadra. Questi credettero che fuggisse, e perciò non fu seguitato che dalla galera di Marcantonio Cornaro. Allora i corsari, vedendo la squadra veneziana così separata, investirono con impeto le due galere, che avevano preso il largo, le arrampinarono, se ne impadronirono e le condussero con tutta la ciurma prigioniere in Barbaria. Un insulto sì enorme infiammò di collera i veneziani, i quali nel primo bollore progettarono di spedire una squadra in Algeri per incendiare tulli i bastimenti, eh’ erano nei porti ove solevano ricoverarsi i pirati : ma si calmarono poscia da questo primo impeto considerando, che non conveniva provocare tulli gli abitanti di un paese, dove si faceva uno stabile commercio. Fu conosciuto,