294 LIBRO XXXI, CAPO XIX. L’autore del trattato sul Governa veneto piglia qui uno de’suoi soliti granchi. Dice, che la giunta era composta dei nove procuratori di san MarcG e di undici altre persone, tra le quali erano compresi i tre capi della quaranzia suddetta e che tale durò finché nel 1582 fu abolita. Aggiunge ancora, che la quaranzia era sdegnala co’suoi capi, perchè avendo questi l' ingresso nel consiglio dei dieci, benché senza voto, dal giorno che fu instituita /’ aggiunta, non avessero fatto opposizione all’ ordine dato agli ambasciatori ( di cedere Napoli di Romania e Napoli di Malvasia) o almeno rappresentato il negozio al senato a tempo, che potevasi prestarli rimedio. Questo sdegno era ben fuor di proposito se già da quasi ottant' anni non entravano più in consiglio dei dieci. L’ingerenza, che questo consiglio colla sua giunta si era data quasi in tutte le faccende dello stato, doveva sempre eccitare la gelosia delle altre magistrature, che colla loro resistenza mantenevano un’ utile opposizione e costringevano i decemviri a sviluppare maggiore capacità, intelligenza e destrezza degli altri; ma pure questo mescolamento di affari non poteva essere senza confusione, massime in una repubblica dove tutto era metodico e tanto inclinata all’ equa ripartizione dei lavori. Net 1457 i dieci con una giunta, che espressamente si fecero dare dal maggior consiglio e che in seguito gli fu confermata stabilmente deposero il doge FrancescoFoscari; la qual cosa io credo che sia intervenuta per congiura di un partito contrario al doge, di cui erano alla testa i Loredani e che si servì dell’ autorità del decemvirato per riuscir meglio, più prontamente e senza opposizione al suo fine (1). Comunque sia, un decreto dato dal consiglio maggiore nel 1&58 proibì ai dieci di mai più mescolarsi nella promissione ducale, tranne il caso di fellonia. Per un’ altra legge del 18 settembre 1468 dello stesso consiglio sovrano furono più precisamente circoscritte le sue attribuzioni, tra le quali sono da (i) Ho narrato questo fatto alla sua volta, nelle pag. 209 e seg. del voi. Vi. L’annotatore del Darù opina, quasi di sua supposizione, ciò che realmente è avvenuto