138 LIBRO XXIX, CAPO XLVI. » non rimane questo nemico indebolito e spogliato dell’ apparato » marittimo, noi non siamo per ritrovare alcuna vera quiete o * sicurtà. » Non deve tanto spaventarne la potenza dei turchi e le vit-» torie riportate dalla cristianità, che non sappiamo innalzarci a » dar luogo ne’nostri animi a qualche speranza di bene; poiché » sappiamo certo, non per vera virtù di guerra, ma per numero » di soldati, con i quali, avendo anco sempre per somma lor ven-» tura avuto a contrastare con un solo potentato, hanno soprav-» vanzato d’ assai, essere questa gente per altro vile riuscita vitto-» riosa e formidabile ; ma come saranno da forze uguali ( potrei » con verità dire molto maggiori ) combattuti ; come avranno ne-» cessità d’ occuparsi in più luoghi alla difesa delle cose proprie, » scoprirassi facilmente la loro debolezza e viltà, ed il nostro * errore. * Ma quando si vede pure che i felici successi non corrispon-» dono a tali speranze, con maggiore nostro vantaggio e con mag-» giore dignità, armati colle nostre e colle altrui forze, tratteremo » in altro tempo la pace ; e se non potrà 1’ amicizia degli altri * principi esserci sufficiente presidio a fare la guerra, ne presterà » qualche riputazione all’ accordo ; e se per poca ventura della » repubblica non potremo riuscire con vittoria, mostreremo alme-» no dJ avere avuto animo generoso ; sicché alla nostra patria ed » a questo senato si potrà desiderare sorte migliore, ma non con-» siglio nè ardire ; nelle quali cose avendo corrisposto a quella » opinione che ha il mondo della prudenza e generosità nostra, si » sarà (inquanto lo permettono le condizioni di questi tempi) » sostentata la riputazione e la dignità pubblica. » Queste parole del Cornaro fecero gagliarda impressione negli animi dei senatori, propensi di già al medesimo sentimento. Ma poiché egli ebbe terminato di parlare, soltenlrò a ribattere gli argomenti di lui Marco Foscari, il quale appunto era uno dei savii grandi, che volevano accomodato il dissidio per mezzo dei bailo.