318 LIBRO XL, CAPO XIX. legale del Muftì, che dichiaravalo degno di morte, Ibraim medesimo cercò di salvarlo, minacciando di pugnale e di capestro chiunque avesse osato toccarlo. Ma non v’ era più tempo. Il serraglio era lutto circondalo da truppe, che insistevano tumultuando di volerne la lesta: perciò alla sua presenza lo fece strangolare, e ne fece gettare dalle finestre il cadavero alla vista dei sollevati. I gianizzeri lo fecero in pezzi, e subito dopo penetrarono nel serraglio, proclamando al trono Mehemet figlio del sultano, dell’ età di sei anni, e cercandolo per coronarlo. Ibraim allora montato sulle furie, corse addosso al figlio per trucidarlo : e vi sarebbe riusciti), se la pietà di alcune donne non lo avesse strappato dalle mani di lui e consegnato in mano ai soldati. Chiusero Ibraim dentro una stanza, e collocarono il fanciullo sul seggio imperiale, e gli cinsero la scimitarra ai fianchi, e lo inchinarono come loro sovrano. La notte seguente fu tenuto consiglio, per decidere della sorte d’Ibraim, e fu stabilito di strangolarlo nel-l’indomani : e di fatto, appena spuntato il giorno, entrarono dov’ era stato racchiuso, gli si scagliarono addosso e con la corda di un arco lo strangolarono. Tuttociò accadeva nel serraglio, senza che in Costantinopoli se ne avesse notizia: ma quando il popolo ne venne avvisato, fu universale la gioja, per la speranza di più tranquilla reggenza. I gianizzeri, usurpatori della sovrana autorità, siccome avevanla collocata in un fanciullo di sei anni, così per goderne ancor più liberamente elessero gran visir un vecchio ottuagenario, acciocché tra il principe ed il ministro andassero divise l’imbecillità e la debolezza. Eglino stessi cacciarono nel serraglio vecchio le sultane favorite d’Ibraim, ed esiliarono dalla capitale quanti avevano avuto parte alla confidenza e alla familiarità di lui.