ANNO 1619. 107 di sostenerlo all’ uopo ancor con la forza ; mostravasi più del solilo in pubblico per le vie e per le piazze, circondalo da un dra-pello di Uscocchi e gettando denaro alla plebe. Intanto il cardinale Borgia era giunto a Procida ed aveva ricevuto il giuramento di fedeltà dai principali magistrati, che occultamente avevano saputo allontanarsi per breve istante dai loro posti e recarsi a lui ; quindi egli s’ era assicurato della cooperazione di don Alfonso de Men-doza, il quale stava alla guardia di Castelnuovo ; ed alla fine, protetto da tutte queste precauzioni, si accinse ad ottenere il possesso della sua carica. Per ciò in sull’ imbrunir della sera entrò egli travestito in un palischermo accompagnalo da tre sole persone, e sebbene il mare fosse alquanto gonfio, potè non di meno in sull’ incominciar della notte approdare allo scoglio di Nisita, ove lo attendevano due signori ed uh ecclesiastico. Salito nella loro carrozza passò inosservato le porte del castello e vi s’introdusse a un’ ora appena di notte. Fece quindi nolo il suo arrivo ai castellani degli altri forti, e ne ricevette 1’ omaggio. Posta in sicuro ogni cosa, ed avvisatine i principali officiali, ordinò al maestro del campo, cui egli elesse a capitano supremo delle milizie, che in sull’ alba del di seguente fosse tirata una salva generale di tulle le artiglierie della città. L’ Ossuna spaventalo da quello strepilo, balzò di letto e corse al Castelnuovo ; ma don Alfonso gli e ne chiuse le porte sulla faccia, dichiarandogli, tale essere 1’ ordine del re e del suo viceré. Non son io il viceré? rispose 1’ Ossuna. No, soggiunse il da Mendoza, il viceré sta qui dentro nel castello. Egli si vide allora perduto, ned ebbe coraggio d’intraprender più nulla. Salì la sua galera nera : lasciò indietro la moglie, suo figliuolo bastardo, la sua amante fiamminga : minacciò di ritornare Ira quattro mesi investito dell’ autorità di vicario generale e di volersi bere il sangue de’ suoi nemici. Tutlociò, da un dispaccio dello Spinelli del dì 9 giugno rilevasi essere stalo narralo allo stesso segretario veneziano dal cardinale medesimo.