234 LIBRO XXXIX, CAPO XII. CAPO XII. Dissapori tra la repubblica di Venezia e la Porta ottomana. Di pochi giorni sopravvisse il papa Urbano Vili alla piena esecuzione del trattato: egli morì ai 29 di luglio. Ed in capo a quarantasette dì gli fu dato successore il cardinale Panfili, che prese il nome d’Innocenzo X. Spontaneamente, appena innalzato al trono pontificio, diede alla repubblica di Venezia la più consolante dimostrazione della sua benevolenza verso di lei, ordinando, che fosse riposta nella sala regia del Vaticano la famosa iscrizione, che il suo predecessore aveva fatto togliere, la quale commemorava il servigio prestalo dai veneziani al pontefice Alessandro III contro l’imperatore Federigo Barbarossa. Di quest’ atto fu così riconoscente la repubblica, che decretò si ascrivessero al libro d’oro, ossia alla nobiltà veneziana tutti i Panfili viventi e tutta la loro posterità. Ma quanto i sentimenti di pace rendevano tranquilla la condizione dell’ Italia e dell’ Europa, altrettanto il fuoco delle discordie andavasi accendendo nelle irrequiete tendenze degli ottomani. L’impero di costoro nel corso di quasi non mai interrotte vittorie, coll’oppressione dei principi e con la strage dei popoli, era giunlo a così smisurata potenza, che, emulando nell’ ampiezza colle antiche monarchie, eccedeva nella forza tutte le contemporanee dominazioni. Ibraim sultano, condotto quasi a forza dal carcere al trono, aveva inaugurato nel 1639 il suo avvenimento al principato colla profusione di ogni più riprovevole propensione alle crudeltà, àlle rapine, al dissipamento. Immerso nei vizi più deformi e più vili, lasciava tutto il carico del governo al suo primo visir Mustafà, il quale saggio e prudente s’ era guadagnata la stima e la benevolenza del popolo. Ciò pure aizzò le passioni dell’ effeminato regnante : lo accese di angosciosa invidia e lo spinse a decretare la morte del fedele ministro : quindi sostituì in vece di lui Mehemet pascià di Damasco, uomo della stessa indole feroce del suo signore, ed inoltre poi nemico