244 UBRO tt,, CAPO t. » e si trovassero a fronte un armata, a qual segno s’irriterebbe il » furore di quella vasta potenza ? Non dovendo addietro lasciarla, » altro non potrebbe, se non, cambiate l’intenzioni et i disegni, fer- ii marsi, combatterla e cimentarsi. Horamai mostrarne i ministri » della Porta sospetto, chiedere perciò a maggior sicurezza l’ingresso » ne’ porti e l’unione de’ legni. Esser quasi desiderabile, che la » tempesta che minaccia il campo cristiano si scarichi a Malta, dove » la resistenza generosa de’ cavalieri promette sicura difesa ; e se » pure in altra parte d’Italia cadesse, i principi sarebbero dal proli prio pericolo sollecitati al soccorso. All’ hora il senato con pietà » farebbe le parti sue ; frattanto essere più sicuro consiglio, osser-» vando la pendenza di cose, attendere gli accidenti del tempo, udire » i consigli de’ principi e deliberar poi o il soccorso agli altri o la » propria difesa. » Cosi a nome del suo partilo, a cui mostravasi palesemente propenso lo stesso doge Francesco Erizzo, parlava il cavaliere Vincenzo Gussoni. La quale disparità di opinioni tenne per lungo tempo ondeggiante il senato tra le speranze e i timori, confondendosi, come scrive il Nani, le speranze coi desiderii e la credulità col timore, secondo che giungevano le notizie ora degli armamenti frettolosi dei turchi, ora delle loro lusinghiere promesse. Ma finalmente prevalse 1’ opinione di chi suggeriva doversi prevenire qualunque evento funesto col fortificare i proprii possedimenti. Perciò fu ordinato, che in Can-dia si armassero venti galere : ed in Venezia ne furono allestite altre trenta, oltre a due galeazze. Furono mandate in quell’ isola alcune compagnie di soldati e anche due ingegneri per provvedere ai bisogni delle fortificazioni. Ed in pari tempo se ne mandò avviso alle grandi potenze d Europa ed in ispecialità al papa, acciocché si prendesse in considerazione l’imminente pericolo, da cui era minac* ciata la cristianità.