342 ubro xl, capo xxx. «lei ministero, i quali, al pari di lui, avevano poca voglia di andarvi; perciò adoperavansi a dissuadernelo ; ed in fine tutta l’impresa fu abbandonata all’ arbitrio del capitan pascià, il quale tanto si maneggiò e coll’ autorità e col denaro, che potè indurre all’ imbarco dieci mila soldati. La flotta turca, composta di sessantaquattro galere, sei galeazze, ventiquattro vascelli e moltissime saiche, uscì dallo Stretto il dì 21 giugno 1651 ed andò a Scio ad unirsi ad altre sedici navi armate in guerra. Varie n’erano le opinioni circa la sorte di tante forze. I turchi avevano pigliato a sinistro augurio, che la capitana costrutta in Costantinopoli crasi affondata nel mentre se ne faceva il varo all’acqua: i più orgogliosi ridevano di siffatti presagi, e riputavano invincibile quest’ armata, guidata da valenti e pratici capitani. CAPO XXX. Vittoria navale dei veneziani. Consapevole dei progetti dell’ armata ottomana, il capitano generale Mocenigo s’era appostato'a Cerigo, siccome in luogo opportunissimo e per accogliere di mano in mano le navi, che gli venivano da Venezia, e per interrompere il corso e i disegni dei turchi. Ivi se ne stava con una squadra di ventiquattro galere, sei galeazze e ventissette navi : le quali forze, benché fossero inferiori di molto a quelle del nemico, e perciò da non poter azzardare un combattimento, erano però tali da porre il Mocenigo nella lusinga di disturbarlo nelle sue mosse e di fiaccare 1’ ampollosità delle millantate intraprese. Ma questa umile sua lusinga fu coronala di più felice successo, che non si sarebbe immaginato. Levatasi l’armata veneziana da Cerigo, s’ abbattè in una galera turca, che fu incalzata contro terra a Carisio, ove si spezzò e fu abbandonata dalle genti che la montavano. Marco Molin, provveditore straordinario, che l’aveva inseguita, ne raggiunse lo scafo, e lo diede in preda alle fiamme. Poi continuando il suo corso sino a Sanlerno,