106 LIBRO XXXVII, CAPO IV. tendeva ad altro se non a tenersi sulla difesa, non già a tentare l’offesa; ed al suo ambasciatore in Francia andava insinuando, non potersi credere che iì duca di Ossuna operasse in questo affare seriamente. Tultociò é fatto palese dai carteggi diplomatici dell’ archivio secreto. All’ ambasciatore infatti presso la corte di Torino scrivevasi (1) —che • farsi da S. A. e da noi conoscer la » sincerità degli animi stimiamo tanto più necessario quanto che » per la nostra corrispondenza ed unione dovendo aver la mira di » confirmar massime in quello principio dell’ unione medesima il » retto fine, che abbiamo avuto in essa di confirmar il proprio. » Ed all’ambasciatore suo in Francia, scriveva: « Noi vi dicemo » tener queste operationi per li soliti artificii e macchinalioni di » Ossuna, col fine di pregiudicar alte cose nostre. » Nulla io voglio dire qui delle tante supposizioni, che varie lettere di contemporanei, non ben informati dell’ argomento, hanno recato in mezzo, a renderlo vieppiù imbrogliato e difficile. Quanto a me, sono d’ avviso, che la serie dei documenti e delle scritture fin qui recate basti a dimostrare sino all’evidenza la falsità del racconto e delle supposizioni del Darù e di chiunque altro ne scrisse in contrario. Ritorniamo adunque alla storia. Nel mentre i narrati maneggi dell’ Ossuna procedevano con sì grave scapito di lui tanto in Napoli quanto alla corte reale, in Madrid gli fu nominato successore nella dignità di viceré il cardinale Borgia, allora in ambasciala a Roma, il quale subito si pose in cammino, ed il dì 5 maggio 1620 arrivò a Gaeta. Fu allora che 1’ Ossuna ravvolse nell’ animo il progetto di chiudergli a forza la capitale. Raccolse quindi in città le milizie, che gli parevano più affezionate e pronte all’ esecuzione dei suoi voleri ; indusse i più caldi tra’ suoi partigiani a far sì, che il popolo concitato gl’ inviasse una deputazione de’ suoi principali capi a promettergli (i) Dispaccio ducale de’ 5 giugno 1C19.