174 LIBRO XXXVIII, CAPO XIV. quindi la proposizione del cappuccino, e mandò a Susa un plenipotenziario per aderire al trattato di colà. Con ciò i francesi riputaronsi sciolti da qualunque altro impegno ; sicché, ripassate le Alpi, il re condusse i suoi nella Lingua-doca per mettere freno alle inquietudini degli ugonotti. Per quanto la repubblica di Venezia cercasse d’impedirne la partenza non le fu possibile il riuscirne. L’Italia cosi rimase abbandonata all’arbitrio degli spagnuoli, ed i veneziani trovavansi obbligali a circoscrivere le loro operazioni entro i limiti della più accorta prudenza. Esibirono al duca tuttociò che fosse mai stato in loro potere, tranne le truppe: ed il duca ciò non di meno perseverò nella sua magnanima fermezza di non cedere. La quale fermezza ispirò anche nel senato sentimenti più generosi verso l'abbandonato principe. Fece inoltrare un esercito di ventimila uomini ; sei mila di questi per difesa della capitale, ove trovavasi costretto a ridurre ogni suo sforzo. Mantova assediata sostenne vigorosamente 1’ impeto degli spagnuoli e degli austriaci riuniti : ed intanto che il duca colle sue artiglierie tempestava gli approcci e ripeteva le sortite, i veneziani molestavano gli assediatori, e per due volte provvedevano di viveri e di munizioni la città. La quale situazione di cose indusse il ministro francese a rimandare in Italia 1’ esercito del re, ben conoscendo, che sarebbe stata un’ ignominia il lasciare soccombere così miseramente un principe ragguardevole. E tanto più con ragione lo rimandò, perchè il duca di Savoja aveva ancora mutato partito. CAPO XIV. Differenze de’ veneziani con la corte di Roma. Sorsero intanto in sul declinare dell’anno 1629 alcune lievi differenze tra la nostra repubblica e la corte romana : ed eccone il motivo. Urbano Vili aveva promosso al vescovato di Padova il cardinale Federigo Cornaro, figlio del doge e vescovo di Vicenza. Le