l|38 LIBRO XL, CAPO LV. adunque per dar pascolo al genio suo, si pose nell’ animo d’intavolare coi veneziani maneggio di pace. Perciò fece venire da Adrianopoli il secretario Ballarmi, e con tuono d’imperiosità e di sussiego, quasiché di singolar grazia favorir lo volesse, gli fece intendere, quasi direi, misteriosamcnlc, che la Sublime Porta discenderebbe ad accomodamento con la repubblica di Venezia, a palto che questa acconsentisse a cederle senza riserva la città di Candia e le piazze dipendenti da questa. Rispose il Ballarmi, non estendersi a tanto la sua facoltà, ned essere queste le intenzioni del senato. Allora il visir soggiunse: Se la Repubblica volesse con tutto 1' oro del mondo comprare un solo sasso, un cane cieco, che si trovasse in tutto il regno di Candia, sua Maestà non lo darà mai : piuttosto perderà l’impero. Tentò il Ballami di rispondere, ma lo interruppe il visir, dicendo : A oh più : già sapete i danni recati. Vogliamo Candia, Clissa e tutte le Palanche : se così avete facoltà, i intercederò appresso il Sultano, altrimente potrete andare al vostro viaggio, che le milizie vi faranno la strada. Ridotto cosi alle strette il Ballarmi rappresentò, doversene comunicare la proposizione al senato, da cui gli sarebbero state conferite le necessarie istruzioni per trattarne. Fu perciò convenuto, che manderebbesi a Venezia un dragomanno, e che due mesi gli si concederebbero di tempo per maneggiarne l’affare. Minacciava il visir, che, riuscito vano quest’ ultimo tentativo, egli avrebbe porlato le sue forze militari su tutti i punti contro la repubblica e particolarmente nella Dalmazia. Venne dunque a Venezia il dragomanno Parada, e presentò al senato i dispacci del Ballarmi. Quella proposizione destò varietà di sentimenti nei senatori, che, dubbiosi e quasi scorati, scorgevano uguali pericoli tanto nella pace ingiusta, quanto nella guerra infelice. Ma era d’ uopo rispondere : nè sapevasi qual partito preferire. INel-l’incertezza della risoluzione da scegliere, montò in arringo uno de Savj del Consiglio ed intraprese a parlare cosi (1) : « Penso, che sin’hora (i) Ne portò il discorso con queste parole Io storico Nani, lib. VII; come pure le parti del senatore Pesaro, che parlò dopo di lui.