210 LIBRO XXXIX, CAPO V. da Caterina Cornaro, vedova del bastardo Jacopo Lusignano (1), si reputò offesa ne’ suoi diritti, perciò fece lagnanze e proteste contro una tal novità. Vittorio Amedeo duca di Savoja, succeduto all’estinto suo genitore Carlo Emmanuele, non si curò punto nè di lagnanze nè di proteste ; accolse il cardinale infante con ceremoniale di re, e continuò ad usare quel titolo, cui trasmise sino al giorno d’ oggi ai suoi discendenti. Corsero intanto alcuni anni senza che i veneziani volessero pigliar parte a qual si fosse controversia con le altre potenze d’ Europa ; e sebbene più volte venissero stimolati ad abbracciare o 1’ uno o 1’ altro dei partiti ed a collegarsi con questo o con quello, il senato rimase fermo sempre nella sua neutralità. CAPO V. Disgusti della repubblica con Roma. Sotto il pontificato di Urbano Vili avevano i veneziani conservato sempre buona armonia con la corte di Roma, tranne qualche momentaneo dissapore, che fu di breve durata. Sino dall’ anno 1652 aveva avuto luogo un disgusto per disprezzo usato in Roma verso 1’ ambasciatore veneziano Giovanni Pesaro, al che avevano preso parte in difesa di esso tutti gli ambasciatori delle altre potenze. Questo disgusto fu accresciuto dal non volere il senato nello scrivere ai cardinali, adoperare il titolo di Eminenza, cui di recente il pontefice aveva loro concesso. Ed un terzo motivo ad accrescerlo vieppiù diede il legato di Ferrara, facendo costruire nel Po delle dighe, per cui veniva molestata la navigazione dei veneziani e ne venivano violati i confini. Il primo disgusto aveva portato di conseguenza, che l’ambasciatore Pesaro d’ordine del senato era partito da Roma senza prender congedo, e che al nunzio pontifizio in Venezia fu ricusata (i) Ilo narralo tullociò alla sua volla nel cap. VI del lib. XXVI di questa Storia, pag. 134 del voi. VII.