460 LIBRO XXXVIII, CAPO X. » invece la più funesta alleanza tra due potenze. L’ esperienza del » passato ci sia maestra a distoglierci dal contrarre di siffatti im-t pegni. Tenghiamoci sulla difesa, e nel dichiarare la guerra guar-» diamoci dal porre in pericolo la patria. » Questo ragionamento cagionò viva impressione nei senatori; vi aggiunsero stimolo alcune brevi parole, che pronunziò Domenico Molino sui pericoli dell’ incertezza e quindi sulla necessità di risolvere. Fluttuò non di meno il senato tra progetti di coraggio ed idee di timore : alla fine fu deliberato di fortificar bene le piazze dello stato, di porre su buon piede di guerra le proprie truppe, di sollecitare con nuove istanze la Francia in favore del duca di Mantova, e di unirlesi toslochè fossesi dichiarata. Mandò in pari tempo un inviato a Madrid, onde persuadere quella corte a pacifiche deliberazioni : ma indarno. Perciò il senato rinnovò le sue pratiche presso il re Luigi XIII. Favorevole alle intenzioni del senato si mostrò ben tosto il cardinale di Richelieu ; checché in contrario ne tentasse la regina madre, avversa per antiche dispiacenze alla casa di Nevers. Esortava egli perciò la repubblica a proteggere quel principe con tutte le sue forze, promettendole, che, subito dopo conquistata la Roc-cella ed accomodale le differenze coll' Inghilterra, condurrebbe in Italia il suo esercito ad operare di concerto con le truppe di Venezia. Lusinghiere per verità erano queste promesse ; ma il senato, avvezzo a sue spese a dover diffidare della incostanza di quella corte, sielle fermo nelle sue deliberazioni di non volere spingere le sue forze fuori delle frontiere dello stato, se non vi fossero concorsi anche i francesi. Intanto le truppe del governatore di Milano assediavano Casale : il duca di Savoja aveva sottomesso Alba, San Damiano, Trino, e tutta in somma la porzione concessagli dal trattato. Sotterrarono allora lamenti dei genovesi da un lato, querele delle corti dall’ altro ; la sorte in somma dell’Italia era evidentemente in pcricol o. Gli ambasciatori del papa e di Venezia sollecitavano