ANNO 1659. CAPO L1X. Mosse dei veneziani. Successione dei dogi. Mentre queste cose si operavano in Europa, il gran visir a Costantinopoli fece imprigionare 1’ ambasciatore francese e con esso anche il figlio (li lui, per sospetto ch’egli avesse intelligenze coi veneziani. Del quale violento contegno non solo il re Luigi XIV, ma gli stessi ministri ottomani si mostrarono sdegnati. Le rimostranze di quel sovrano costrinsero il visir a ridonare ad essi la libertà, che fu loro poco dopo ritolta per sopraggiunte circostanze: in fine fu rimosso dal posto. Ed in mezzo a questi incidenti le squadre della repubblica non cessavano di dare la caccia a tutte le navi turche, in cui si abbattevano. I popoli di Braccio di Maina, stanchi della durezza del giogo ottomano e desiderosi perciò di darsi alla repubblica, fecero giungere molli avvisi al Morosini capitano generale, circa il modo di poterli sottrarre dalla tirannia dei turchi. Egli per tentarne l’impresa si portò sulle coste della Morea, vi sbarcò truppe, prese la città e il forte di Calamata, da cui erano tenuti in soggezione i mainolti. Ma costoro non si mossero punto a cooperare coi veneziani alla liberazione del loro paese ; perciò il Morosini si astenne dall’ inoltrarsi di vantaggio in cotesta intrapresa. Mandò invece Gerolamo Coniarmi con una squadra ad occupare lo Stretto de’Dardanelli, per interrompere almeno il commercio del mare con la capitale dei turchi. Il nuovo capitan pascià Alì n’ era già uscito con trenta galere. Il Morosini con ventidue galere e sei galeazze lo incontrò nelle acque di Samo : ma tosto che Alì si accorse dell’ arrivo della squadra veneziana, prese la fuga. Ne fu per altro raggiunta dal Morosini la retro-guardia, a cui predò due galere, disperdendone molte altre. A queste corse dietro sulle coste della Natòlia e le saccheggiò. Poi continuando il suo viaggio, assalì il castello diToron; se ne impadronì, e lo