ANNO 1621. 117 Intorno a questo medesimo tempo il senato mandò a Roma quattro senatori ; Gerolamo Giustiniani, Antonio Grimani, Francesco Contarmi e Gerolamo Soranzo ; per ossequiare il pontefice in nome della repubblica e congratularsi della sua esaltazione alla cattedra di san Pietro. Questi avevano avuto anche particolari istruzioni per parlare con lui intorno agli affari della Valtellina. Ma Gregorio XV, accolti che gli ebbe con quelle formalità ed onorificenze, che competevano al loro grado, anziché ascoltare le loro considerazioni su questo rilevantissimo affare, entrò a parlare dei gesuiti ed a chiedere che la repubblica di bel nuovo li accogliesse in Venezia. Gli ambasciatori, che non erano preparati a questo argomento, nè avevano perciò istruzioni in proposito, si limitarono al dirgli, essere stata decretata la proscrizione di quelli per ragioni gravissime, e con tali forme e discipline da renderla assolutamente irrevocabile. Voleva egli bensì, che si venisse a trattati ; ma eglino soggiunsero, non potere nemmeno condiscendere a ciò, non avendone dal senato la facoltà, la quale prevedevano inoltre non sarebbe stata loro giammai concessa, a cagione della severità e della solennità del decreto pronunziato in quella circostanza (1). In Venezia in tanto il marchese di Coeuvrcs, ambasciatore di Francia, che vi venne da Roma, fece al senato la stessa domanda in nome del suo re Luigi XIII. E similmente il nunzio apostolico residente in Venezia presentò al Collegio un breve del santo padre ed una lettera del cardinale nipote, con cui facevansi calde istanze pel ritorno dei gesuiti. Cadde allora in mente il sospetto, che questo incidente, introdotto così inopportunamente nel bollore delle attuali circostanze, fosse un artifizio degli spagnuoli per porre i veneziani in disgusto e col nuovo papa, del cui favore avevano (i) E il decreto, di cui ho fatto men- del I voi. dell» mi« Storia della Chiesa di lione nel eap. XVII del lib. XXXV, e Venezia, ho portato il testo, di «ui n«l cap. II, art. II, pag. Su • seg.