2ij8 LIBRO XVIII, CAPO XI. inano l’avevano espugnato, sicché fatti arditi da questo primo successo avevano voluto a tutta forza intraprendere l’assedio di ¡Nico-poli, luogo di molta importanza, sui confini della Valachia. Ma la licenza dei giovani baroni, i quali passavano nell’ ebrezza dei piaceri tutto il tempo, che loro sopravanzava dalle militari operazioni, favoreggiava l’insubordinazione e l’indisciplina dei soldati, tra cui regnava il disordine, sia che stessero accampati, sia che marciassero. Non sapevano costoro spiare il nemico, nè mettersi in guardia contro di lui : la quale temerità, figlia del disprezzo e del-l’ignoranza, li faceva trascurare le cautele più necessarie al buon maneggio della guerra ; e in seguito le millanterie degenerarono in riprovevoli crudeltà sino ad imbrattarsi le mani nel sangue dei prigionieri. Valorosamente si difendeva il pascià di Nicopoli ; ed in breve fu reso fortissimo dall’ arrivo di Bajazet, il quale con una rapida marcia, accortamente celata ai cristiani, giunse persino a sei leghe di distanza dal loro campo prima che ne fossero consapevoli. Ne furouo avvisali da alcuni saccomanni posti in fuga dagli scorridori turchi; nè tuttavia se ne persuadevano. Anzi il maresciallo Bucical-do (BoucicaultJ minacciolli di far loro mozzare le orecchie, quasiché fossero venuti a spargere nel campo un falso allarme con bugiarde notizie (1). Ma ne rimasero ben eglino persuasi, allorché apparso, pochi momenti dopo, l’esercito mussulmano, quella dissipala gioventù, occupata dalla licenza e dal giuoco, trovò appena tempo da correre alle armi. Sigismondo voleva, che si aspettasse a piede fermo l’impeto dei nemici, e che di conserva s’intraprendesse un generale conflitto. Ma il contestabile Filippo di Artois, e il maresciallo Bucicaldo, tuttoché l’ammiraglio Gianni di Vienna si sforzasse a dissuaderli, perché non si avesse a perdere lutto il fiore dell’esercito in dissipare le truppe leggiere dei nemici ; vollero mostrarsi superiori in coraggio all’ esercito ungherese, ed impetuosamente (t) Stor. anonim. di s. Dionigi, lib. XVI, cap. XI.