iìk LIBRO XVII, CAP» XXXVili. imprecazioni, in minaccie contro il Senato : né mancava tra quella folla chi con armi avrebbe voluto metter line agl’ indugi. Del che fatto consapevole Carlo, e temendone grave sciagura alla patria, rientrò coraggioso nella sala del Senato e diresse ai senatori queste parole: « Perché sono trasportati cotanto dall’ ira gli animi » vostri, o cittadini ? perché cercate oggi di rovinare la repubbli-» ca, e questa città con essa, e noi altresì, i quali cerchiamo la » salute della patria ? lo, se considero attentamente voi tutti, non » veggo alcuno tra voi, che in questa guerra abbia sparso per la » patria pur una goccia di sangue; e noi, i quali combattemmo, i » quali vincemmo, i quali sostenemmo il peso della guerra colle » spalle nostre, i quali demmo le facoltà, il corpo, il sangue per la » patria, in mercede delle fatiche, dei pericoli, delle ferite, saremo » ora, per le vostre sentenze, chiusi nelle carceri, gravati di cate- * ne? Voi noi farete oggi certo, nè, per quanto é in noi di potere, » vi si permetterà, che questa città, salvala da noi e col nostro » sangue, sia ora da voi di siffatto disonore contaminata e spinta » a vergognosa ruina. Consultale e provvedete che io sia liberato.» DeMe queste parole, parli : lo seguitarono i capitani delle galere. Egli discese nella chiesa di san Marco ad orare : poi attraversando la piazza se ne andò a casa. Di nuovi contrasti si occuparono allora i senatori: ma finalmente a nulla si determinarono,e l’adunanza si sciolse. CAPO XXXVHI. Arringa di Carlo Zeno al Senato. Corsero tre giorni ed il Senato si radunò di bel nuovo. Fece invitare lo Zeno a presentargli dinanzi ed a trattare sull’ impresa di Marano, che sommamente slavagli a cuore. Carlo vi si recò, ed approfittando della occasione dimandò licenza di parlare, per render conto minutamente di tutto il suo operato e per mostrare, colla