8fj LIBRO XVII, CAPO XXV. » alcuno, che per consiglio maturamente preso, si sia potuto dal-» l’impeto della fortuna liberare: in tanto poco conto si tiene la » fragilità de’ mortali, e tanto agevolmente le cose umane fanno • variazione! Ma siccome egli è officio di uomo forte non si ar-» rendere nelle cose avverse e sopportare pazientemente i colpi • della fortuna, cosi ancora debbe il prudente provvedere dove » bisogna e alle incomodità die nel fare le cose sopraslanno, ri- • parare con quegli opportuni rimedii che il tempo e il luogo » richiede. Noi staremo, prestantissimi padri, vigilanti e sempre » con l’animo intento c pronti alle cose che accaderanno, e a quelle, » secondo che ricercheranno, provvederemo; e per quanto si esten-» dono le forze umane, a tulli i casi che nasceranno andremo prov-» vedendo; e cosi faremo che l’assedio non sarà nè lungo nè grave » nè dannoso, e ci rinsignoriremo di Chioggia e degli avversarli » senza sangue e senza pericolo dell’esercito vostro. Con l’acquisto 5 di una lodevole vittoria, conservala che sia la dignità e gloria » vostra, porremo alla guerra con l’aiuto di Dio felice fine. Questa » è, serenissimo Doge, padri prestantissimi, la sentenza mia sopra » quello che ci è stalo proposto ; la quale, costretto da voi, ho delta » con quella fede che io alla repubblica porlo; questo è quello ch’io » penso essere utile alla repubblica, salutifero alla patria; e questo » è quel consiglio, che io giudico che vi abbia ad essere profitle-» vole. E ora officio vostro, esaminata diligentemente ogni cosa, » deliberare consideratamente quello che pensate, eh’ abbia ad » essere più fruttuoso. » Questo discorso, pronunziato coll’ ingenua lealtà di un vero amatore della patria, il quale nè poteva a chi lo udiva divenire sospetto di timidezza, nè cercava il comodo proprio, ma soltanto il vantaggio della repubblica, commosse gli animi dei senatori, e li tirò quasi lutti nella sua opinione. Fu deliberato perciò, che la guerra, non combattendo, ma coll’ assedio si continuasse.