62 LIBRO XVII, CAPO XVIII. che fanno le cose umane di contrario a contrario! Allo spuntare del giorno 2 di gennaro si levò una burrasca sì grande, che la flotta veneziana, ne soffrì gravissimo danno. Imperciocché per l’impeto dei venti e per la violenza delle onde, spezzati i ferri e rotte le corde, che ne tenevano legate le galere, andarono queste disperse qua e là, dove l’impeto e le correnti le trasportavano ; urtavano in terra e si squarciavano, talché la sorte dei veneziani era ridotta ad estremo pericolo. I genovesi, i quali stavano attenti ad ogni occasione, che loro si presentasse di tentare la propria salvezza, tostochè videro 1’ armata veneziana travagliata da così atroce infortunio, presero il partito di secondare la sorte e di far forza ad uscire. Gravissimi danni avevano sofferto dalla torre, che dai nostri era stata piantata sullo scoglio, che dicevasi della Lova, e gravissimi ne soffrivano continuamente per lo scagliare, che facevano i veneziani, di frec-cie, di verettoni, di quadrella, di bombarde ; ed era essa vicina assai alla città. Pensarono adunque di darvi l’assalto, ora che le truppe in quella raccolte non erano in grado di ricevere assistenza dalla flotta dispersa e bisognosa anch’ essa di ajuto. Vi si accostarono impetuosamente con balestre e macchine e scale, ed angustiarono con tanto terrore la guarnigione che custodivaia, da ridurne quasi alla disperazione i soldati. Ma il doge Andrea Contarmi, tuttoché travagliato colla sua galera dall’ impeto della procella, non lasciò abbandonata la sorte di quell’ importante presidio. Fece intendere con segnali marittimi a Carlo Zeno la necessità di accorrere tosto a prestarvi assistenza. Carlo con tre galere, vinta la tempesta dei venti e del mare, andò coraggiosamente colà dove il combattimento era acceso. E perchè più grave fosse il danno dei nemici, nel mentre che più efficace ne fosse il soccorso pei veneziani, andò con quelle ad appostarsi dal lato ove i genovesi avevano l’uscita della città. Quindi comandò ai soldati di scagliare senza tregua dardi e freccie addosso ai nemici. II perchè coloro, i quali combattevano presso alla bastia erano sì fattamente colpiti dalle freccie