6U LIBRO XVII, CAPO XIX. » e quella tirarono in lerra vilissimamenle una notte, che que’della » galera non sentirono; e cosi presero la detta galera con molti » uomini, benché parte si buttarono nell’acqua vedendosi d’essere » tirati e andarono all’ altre galere e scapparono. » Ed è questa la galera, che nominai poco dianzi, presa dai genovesi. Il qual fatto diede occasione a più frequenti assalti guerrieri. Imperciocché il Pisani, intesa la perdita di quella galera, si avviò a quella volta colle sue quanto più presto potè, e incominciò a percuotere con bombarde i nemici e recò loro non lievi danni. Tentarono i genovesi la notte seguente di forzare il porto di Brondolo e uscirvi. Ma il Pisani accortosene vi si recò sollecitamente e si mise a flagellarli colle artiglierie, sicché ne feri e ne uccise molti, e costrinse gli altri a desistere dall’ impresa. CAPO XIX. Carlo Zeno e ferito da una freccia nella gola. 1 vantaggi, che in tutti questi fatti d’arme ottenevano i nostri, / ne rianimava considerevolmente il valore; sicché poche volte venivano alle mani coi nemici che non vi rimanessero superiori. Ma le frequenti procelle, di cui la stagione invernale è feconda, erano a loro ben più dannosi nemici che non lo fossero i genovesi. Imperciocché pochi di dopo quella, che ho ricordato di sopra, un’ altra se ne levò impetuosissima e minaecievole. In essa, la galera di Carlo Zeno, per l’imperversare dei venti e dei flutti, ebbe a soffrire violenza cosi impetuosa, che, spezzate le funi, da cui era tenuta, tuttoché fossero grosse e gagliarde, fu trasportata dal mare a battere ne’fondamenli della cosi detta rocca di Brondolo, la quale era in potere dei genovesi e dai medesimi presidiata. Era di notte allorché gli accadde siffatta sciagura, ed era la notte resa ancor più tenebrosa dall’ oscurità della procella : tuttavia, per le grida e per lo rumore dei vogatori, s’accorsero i genovesi, essere quella una