ANNO 1380. 7i> orrenda. Tanta fu la moltitudine di loro colà radunala, che, sospingendosi I’ uno I’ altro, erano costretti a capovolgere nel canale ; e in fine, non potendo reggere il ponte per l’enormità del peso, si ruppero i travicelli, che lo formavano, e con grande fracasso rovinò. Tutta allora la gente, che stava sul ponte ammassata, restò in parte affogata nell’ acqua ed in parte pesta e lacera dai rottami de’travicelli; e quelli ancora, a cui l’arte del nuoto avrebbe recalo in altro caso salvezza, nel mentre volevano scampare dall’ acqua e guadagnare la sponda, erano colà uccisi dai veneziani. Nel quale sterminio peri anche Tommaso Guano, comandante dell’ esercito genovese, oltre a parecchi altri personaggi distinti della loro nazione. Nè fu dissimile la sorte di quelli, che da Brondolo s’ erano inoltrali per assalire il corpo di truppe, cui Carlo Zeno aveva loro opposto da quel lato. Imperciocché, dopo di averne sostenuto per qualche tempo la zuffa, allorché si avvidero dell’orrendo disastro, si diedero aneli’ essi velocemente alla fuga. E poiché non valevano a riguadagnare la loro stazione del monastero di Brondolo. si sparpagliarono ad occultarsi nei canneti e nelle paludi, aspettando di poter trovare salvezza tra il silenzio e le tenebre della notte successiva. Ma i veneziani, che con barchette ed altri piccoli legni s’erano qua e colà appostati Ira quelle, per ¡spiare l’esito del combattimento, li colsero tulli, quasi uccelli nel laccio, o quasi pesci nella rele; sicché quanti erano, vi rimasero o morti o prigioni. Nè la vittoria dei veneziani ebbe fine così: col sopravvenire della notte essa diventò ancor maggiore. I pochi genovesi sopravanzati da que’, che presidiavano Brondolo e gli altri luoghi fuori della citlà di Chioggia, perduta ogni speranza di poter più vincere o fuggire, misero fuoco a tutte le galere, che avevano colà, ed abbruciarono le varie trinciere di legname e le torri, che con grande spesa e fatica avevano ivi rizzato, e tutti in Chioggia corsero a rimpiattarsi. Il veneziano generale Vittore Pisani, all’ infuriare di quel moltiplicalo incendio, accorse di fretta colle sue galere, che