252 LIBRO XVIII, CAPO XII. condiscendere alle sue brame. Nel quale rifiuto lo poneva al sicuro da qualunque taccia d’inurbanità o di gelosia la legge veneziana, che faceva reo di lesa maestà il capitano generale, che si fosse allontanato dall’ armata. Riuscito vano cotesto colpo immaginato dal maresciallo, che avrebbe forse costato a Carlo Zeno la vita ; allaccialo nelle insidie di quello, se vi si fosse recato, ovvero, caduto in disgrazia del Senato, se dalle insidie preparategli avesse pur saputo difendersi ; mandò quello ambasciatori ad esporre con lunghi ed intralciali discorsi alcune insignificanti e vaghe proposizioni, dal cui complesso pote-vasi a grande stento raccogliere il progetto di una lega scambievole, per portare la guerra ai turchi ed ai siri : sul che lasciavangli tempo a deliberare e rispondere. Al discorso dei quali inviali soggiunse tosto il veneziano generale (1): « Non bisogna clic io niella » alcuna dimora di tempo a deliberare di quelle cose, che voi avete » proposte, perchè ho già pronto quello che io debbo rispondere. » lo certamente non mi meraviglio se il maresciallo Bucicardo, il » quale non sa gli usi veneti e le antiche consuetudini della mia » repubblica, abbia voluto trattar meco di questi affari. Egli ha da » sapere, che il senato veneziano, quando ha da mandare un capi-» tano generale ad una spedizione in armala o in esercito gli dà » precetti e gli prescrive leggi, cui non gli sia lecito oltrepassare » per verun modo. Il perchè io non ho alcuna facoltà di stabilire o » trattare. La possibilità della pace e della guerra e le ragioni di » fare nuovi patti o convenzioni sono concentrate nel solo senato ; » io sono stato fatto da lui capitano generale con questa comun Ieg-» ge della patria ; sicché a me non allro appartiene se non osser-» vare ciò che mi fu stabilito e prescritto e che dai miei maggiori » fu decretato, nè poss’ io violare gli ordini della mia patria ; i » quali ho sempre cercalo di osservare e di compiere. Ed oltre che (i) Vita di Carlo Zeno, scritta nel secolo XV da Jacopo Zeno suo nipote, volgarizzata nel secolo XVI da Francesco Quirini j Venezia 1829, I)a£* *®2,