anno 1580. 113 della sedizione facevasi vieppiù sempre maggiore, deliberò che alla flotta fosse permesso di ritornare in Venezia. CAPO XXXVII. Carlo Zeno è minacciato di prigionia. Vi fu accolto lo Zeno con universale entusiasmo : il Senato radunato lo aspettava a render conto del suo operato, ed egli non ad altro pensava che a presentarglisi dinanzi e potergli parlare. In mezzo ai capitani delle sue galere, accompagnati da una folla innumerevole di popolo, giunse al palazzo ducale, ed ebbe subito ingresso in Senato. Il doge Andrea Contarini, per la sua vecchiezza e perche infermiccio, non aveva potuto recarvisi : ne faceva perciò le veci, secondo I’ usanza, il più vecchio dei consiglieri. Il quale rispondendo al saluto dello Zeno e dei capitani, che lo seguivano, disse loro: Ch’ essi venissero come erano degni: al che Carlo soggiunse: E noi venghiamo appunto siccome siamo degni. Parve ai senatori acerba di troppo questa sua risposta, e se ne turbarono; ed anche alcuni di essi nutrivano antico odio verso di Carlo ; perciò incominciarono a contendere con parole dure e minacciose. Ma egli non disse mai cosa, che passasse i limiti della convenienza: rispose a tutto con moderazione e rispetto. I capitani delle galere, già turbati, ne fremevano: il perché ad alta voce uno di loro disse : « Io » non so, perchè voi ci abbiate a minacciare : sono da incolpare » quelli, clic fanno le cose ingiuste, e non quelli, che non hanno ub-» bidito alle cose mal fatte. » Questi accenti inasprirono vieppiù i senatori; e sì che comandarono, che Carlo e i capitani fossero tosto mandati fuori della sala. Poi cominciarono a trattare di prigionia e di catene : tanto n’ era grave la collera ! E intanto il popolo affollato nella piazza di san Marco, aspettando che discendesse dal palazzo lo Zeno, e vedendolo si lungamente indugiare, prorompeva in mormorazioni, in vol v. 15