\in.w 1380. 103 CAPO XXXII. 1 genovesi si rendono u discrezione. 11 combattimento si accese allora vivissimo tra i soldati della repubblica ; ossia, tra quelli, eh’ eranle rimasti fedeli, e quelli che ne avevano congiurato la rovina. I genovesi, all’ udir quello strepito di armi e di voci, credettero giunto l’istante di fare anch’essi la parte convenuta: diedero il segnale dei lumi, e si accinsero ad uscire da Chioggia : ma tutto ad un tratto conobbero, che la congiura era stala scoperta, e che si combatteva nel campo veneziano a difesa della repubblica. Si videro allora all’ estremo della disperazione, e poiché i soldati dello Zeno stavano già per entrare in Chioggia, deliberarono di mandare ambasciatori al Senato ed al doge, dichiarando, che si rendevano, salve le vile e la libertà. Fu risposto loro, che si arrendessero a discrezione, e deciderebbesi in appresso della vita o della morte. I deputati genovesi portarono questa risposta al loro comandante, il quale da principio ricusò di rendersi a condizione cosi terribile. Ma finalmente fu d’ uopo cedere alla necessità. 1 viveri erano tutti consumati ; né speranza di assistenza restava più loro da verun lato. Mandò pertanto al doge nuovamente gli ambascia-tori, di cui era capo Tizio Cibo, e fecegli intendere per mezzo loro, che non domandava dalla clemenza dei vincitori se non la vita. Al che rispose Andrea Contarmi: ch'era giusto, riponessero la loro speranza nella sola clemenza dei vincitori, perché consapevoli dei loro ingiusti e crudeli trattamenti e dell’ odio fierissimo contro il nome veneziano, non dovevano dal canlo loro lusingarsi di ottenére pietà ; sarebbe cura del governo disporre a suo talento della vita, ed intanto si preparassero a passare tutti alle carceri di Venezia, per ivi attendere, ciocché meglio alla Signoria fosse piaciuto di decretare. E fu decretato: « Che ciascun genovese e