112 LIBRO XVII, CAPO XXXVI. lesta la pena della sua temerità. Carlo, il quale non aveva mai operato impresa alcuna se non per la salute della patria, e questa sempre aveva preferito alla propria, rispose con sublime magnanimità agl' inviati del Senato : « Sino dalla mia più tenera età io » non ho mai temuto nè patimenti nè travagli nè la morte mede-» sima quando si trattò del bene della patria: per essa ho vegliato » e sudato, per essa ho sparso mille volte il mio sangue. Io dun- * que non sono tale da lasciarmi spaventare dalle ininaccie, che » mi fa ora il Senato per mezzo vostro. La vita e la morte mia è » nelle mani di esso: se esso il comanderà, io per la patria non » ricuso la morte ; ma che io per mia cagione induca la patria in » rovina, noi soffrirò giammai; e di somma rovina sarebbe senza » dubbio feconda 1’ impresa, da cui ora mi sono allontanato. Io ho » ben ponderato quali danni potrebbero derivare allo stato, e se » l’obbedire ai comandi del Senato non fosse inseparabile da quel-» li, non tarderei punto a compierli. Ma poiché vedo quanto sa-» rebbe funesto alla patria il farlo, perciò andate e riferite al Se-» nato, che nessuna forza potrà costringermi a diventare strumento » della rovina della mia patria. » Portata questa risposta al Senato, mille contrasti sorsero negli animi dei senatori: chi era favorevole allo Zeno e chi avverso : molti ne lodavano la grandezza d’ animo e la sublimità dell’amore patrio ; altri ne biasimavano il consiglio e lo attribuivano a trascu-raggine ed imprudenza. In fine deliberarono, che si avesse ad insistere nell’ impresa di espugnare Marano, e che si costringesse lo Zeno, un poco colle minaccio ed un poco colle persuasioni, a ritornare alla sua destinazione. Ma tutto fu inutile: Carlo non si lasciò muovere dal suo proposito. Tre giorni passarono in cotesti contrasti ; e già le ciurme e i soldati minacciavano di voler entrare per forza in Venezia, ove il governo avesse indugiato più a lungo, e se ne temeva un generale ammutinamento ; ed intanto il mare burrascoso li travagliava e le navi si urtavano 1’ una 1’ altra ; quando il Senato, vedendo, che indarno si perdeva il tempo ed il pericolo