HO LIBRO XVII, CAPO XXXV. tuttoché di nuove forze ne fosse stala accresciuta l’armata. Egli appena raggiunse la sua flotta, che stava ancorata a Parenzo, dove avevaia condotta il provveditore Loredan, la passò in rivista ed ordinolla ed allestilla in tutto punto, acciocché niente le avesse a mancare, e fosse in grado di affrontare validamente gl’ indiscreti avversarii. Ciò fatto, la condusse a Zara, nel cui porto stava ricoverala I’ armala di Marzuffo Doria : ivi s’ era essa fortificata, né osava mettersi in mare, neppure a poca distanza ; tanto era il terrore, che recava loro il nome di Carlo Zeno! Non valsero a trarla fuori nè provocazioni nè insulti, con che lo Zeno le faceva conoscere la propria superiorità ed il coraggio de’ suoi equipaggi sitibondi di sangue genovese. Perciò, vedendo inutile ogni suo sforzo, nè riputando opportuna cosa lo stringere di assedio quella città, eh’ era munita per guisa da poterlo sostenere lunghissimo, stabilì di fare crociera in quelle acque, a vista dei nemici. Durissimi furono i disagi di quell’ impresa e gravissimi i pericoli, a cui la flotta andò incontro. Imperciocché la stazione incominciava a diventare luti’ allro che favorevole al navigare : ed al sopraggiungere poi dell’ inverno i soldati furono travagliati da intensissimo freddo e da burrasche violentissime. A tutto ciò aggiungevasi, chela fretta,con cui s’era armala la flolta, non aveva dato tempo ad approvigionarla copiosamente, nè d’ altronde Venezia, smunta da una carestia di dieci mesi, avrebbe potuto fare "di più. Ed inoltre quell’ anno era stato sterilissimo in tutta l’Italia. La flotta dello Zeno, incrociando lungo un litorale nemico, non poteva con tanta facilità provvedersi dì viveri. Erale d’uopo approfittare di que’ legni da carico, i quali per avventura avesse incontrati, che navigavano dal regno di Napoli sino alla baja di Zara. iMa quell’anno, distinto per tante calamità, lo fu altresì per le molte burrasche. Molli di quei navigli andavano dispersi, alcuni affondati, quasi tutti tardavano. Perciò le ciurme della flotta veneziana erano costrette a soffrire maggiori privazioni: furono ridotte a dover mangiare, per quindici giorni, soltanto carne salata senza pane. Se ne lagnavano