k.nno 1580. 87 CAPO XXV11. Congiura scoperta nell' esercito dei veneziani. Le strettezze, a cui erano ridotti i genovesi, avevano di già sparso nell’ animo di alcuni dei loro capitani qualche pensiero di resa: ned erano ignari i veneziani di siffatti loro pensamenti, e ne godevano, perchè cosi sarebbesi avvicinato il fine di una guerra si penosa e si aspra, falla ancor più penosa e difficile dalla inclemenza della stagione invernale. I soli, a cui spiaceva il pensiero di una resa vicina, erano i soldati mercenarii, i quali sapevano che col finire della guerra avevano a terminare anche le utilità e il soldo loro. Perciò alcuni di loro progettarono di porre ostacoli all'imminente successo della vittoria, e, se non impedirlo, ritardarlo almeno di alquanto. Perciò con lettere e con ambasciate secrete fecero intendere ai capi dei genovesi, che slessero fermi nel resistere, e clic non si sottomettessero alla vergogna del rendersi , meutr’ eglino si lusingavano di poter fare oltenere a loro dai veneziani ottime condizioni. Per trattare di questi progetti i congiurati si radunavano insieme la notte, ed acciocché i loro disegni non fossero scoperti, colorivano le loro radunanze col pretesto di concertare il modo di chiedere al governo un accrescimento di paga. Ma Carlo Zeno s’ era accorto di qualche cosa, e perciò teneva loro addosso gli occhi e li sorvegliava con tutta attenzione, acciocché non fosse per essi rovesciato il buon progresso della veneziana fortuna. Coll’aiuto di molte spie, venn’ egli a capo di conoscere il vero scopo di quelle combriccole. Ed a fine di essere viemmeglio assicuralo di tutta la sostanza di quella trama, diede ordine, che fosse stabilito un giorno, in cui, secondo l’usanza, passare in rassegna le (ruppe; acciocché con tal mezzo avessero a farsi pubblici gli occulti pensamenti degli sleali soldati. Ma l’intimazione di questa rassegna produsse