414 LIBRO XLVIII, CAPO III. quasi lutti i principi d’Europa conobbero la necessità di unirsi a vicenda in una stretla lega, a fine di farsi forti e capaci a reprimere qualunque interno sollevamento dei proprii popoli, ed a far tacere efficacemente le voci minaccievoli della Francia: così tutta l’Europa andava disponendosi ad una guerra contro di lei. La corte di Torino invitava le potenze d’Italia, ed in particolarità la repubblica di Venezia, a comporre un’associazione di forze militari, per cui arrestare l’impeto del torrente, che stava per inondare 1’ universo : ma la repubblica di Venezia ricusò di aderirvi. La corte di Vienna proponevale di concertare una comune difesa ; ed ella rispose, che terminale appena le dispendiose controversie con le reggenze dell’Africa, non era in grado d’intraprendere nuove spese. La Toscana le chiedeva 1’ assistenza della sua flotta per difendere il porto di Livorno e le contigue spiagge pontificie : ed ella invece richiamò nelle acque del Levante quelle sue squadre, che aveva nel Mediterraneo. Altre potenze la stimolavano a collegarsi con esse: ma nessun impulso potè mai distorta dalla sua inalterabile neutralità ; nessun pericolo potè mai determinarla a dichiararsi contro i francesi. In somma, risoluta di non voler prendere parie alcuna nella grande questione, resistè ai ripetuti impulsi della corte di Torino, che proponeva di armarsi con lei ad offesa dei minacciosi nemici ; agl’incitamenti del re di Napoli, che progettava un piano di sicurezza interna dell Italia ; alle incalzanti argomentazioni della corte di Roma, che dimostrava la necessità di una lega italiana a difesa dei rispettivi governi ; al giudizioso pro-memoria di Leopoldo II, ancora granduca di Toscana, il quale studia vasi di persuaderla a convincersi di si grave necessità. Ma tutto fu inutile : il senato riputò costantemente suo interesse il conservarsi neutro ed isolalo in mezzo a tante e si palesi agitazioni di tutta intiera 1’ Europa. Lo stesso ambasciatore veneziano Anlonio Cappello, reduce dalla sua missione presso la corte di Parigi, rinnovò le sue istanze manifestando con tulla minutezza lo stalo di pericolo, in cui si trovava