268 LIBRO XIV, CAPO XXIV. rientrò occultamente colà dove stava il seggio ducale, che allora era di legno, e non ornato di seta o di velluto come nei tempi posteriori, e vi scrisse sopra, con gravissimo insulto della dogaressa e del doge : MARIN FAI.IKK DALLA BELLA MUGER 1 ALTRI LA CALDE E LU LA M*NTIEN. Non solo per queste parole era insultato 1’ onore del doge e della dogaressa; ma, perciocché scritta sul seggio ducale, ne rimaneva offesa altresì la dignità del principe. Egli perciò ne chiese in pieno consesso proporzionata soddisfazione. L’affare fu dalla Signoria commesso con grande impegno agli Avogadori del comune ; i quali anche promisero un premio a chi ne rivelasse 1’ autore. Sep-pesi alla fine, che quelle cifre aveva scritto Michiele Steno : anzi, secondo alcuni cronisti, andò egli stesso a farsene accusatore. Fu quindi arrestato per ordine della Quarantia criminale : ma egli scusò la sua colpa, col dichiarare, che vi era stato spinto da sdegno per l’ignominia fattagli dal doge in presenza della sua amala. Le circostanze e dell’ amore caldo, eh’ egli portava alla damigella Lodovica, e della giovanile età, che ne scemava la riflessione, valsero a mitigare la sua colpa, per guisa che i giudici lo condannarono ad essere battuto con code di volpe, a due soli mesi di carcere, e ad un anno di esilio da Venezia e dal suo distretto : e, secondo altri scrittori, anche ad una ammenda pecuniaria. Parve soverchia al doge l’indulgenza dei Quaranta, mentre egli avrebbe voluto castigato il colpevole con 1’ estremo supplizio, perciocché reo di delitto di lesa maestà. Se ne adirò egli quindi si fattamente, che incominciò sin d’allora a vedere di mal occhio i nobili della Quarantia, a disprezzare per essi tutta la nobiltà, a macchinarne il danno e la perdita. Ed ecco da quale esterno principio