320 LIBRO XV, CAPO VI. col bano della Bosnia, col re della Rascia e con molli conti della Croazia. Dopo le quali precauzioni, furono spediti ambasciatori al re ungherese Marco Cornaro e Marino Grimani, per tentare con lui un’ amicizia durevole : ma la sua ambizione era ben lontana dallo stabilire a facili condizioni la pace. Egli domandò che la repubblica gli somministrasse navigli per passare in Italia con un’ armala a combattere contro la regina Giovanna di Napoli. A questa sua domanda risposero gli ambasciatori nostri, non avere essi facoltà di prometterlo, ned essere interesse della Repubblica il rinnovare la guerra in Italia. . Tale rifiuto irritò il re per guisa, che la buona accoglienza, fatta da prima agli ambasciatori, si cangiò in amari rimproveri. Dichiarò loro, ch’egli non acconsentirebbe giammai a lasciare tranquilli i veneziani nella Dalmtizia, se non a condizione che gli si dichiarassero tribularii c vassalli, pagandogli una somma annualmente, od almeno rendendogli omaggio col presentargli ogni anno un cavallo bianco. Doleva di acconsentire ad una qualunque dimostrazione di un alto dominio in quel principe ; nè volevasi d’ altra parte chiusa ogni via ad amichevole accomodamento : perciò gli ambasciatori offerirono una grossa somma di danaro da pagarsi per una sola volta, c con essa terminare ogni differenza. Ma Lodovico ricusò 1' offerta, ed il trattato fu rotlo. Slrins’ egli allora alleanza col patriarca di Aquileja e col duca d’ Austria, ed inoltre fece secreti patteggiamenti con Francesco di Carrara, fililo amico della repubblica veneziana ed ingrato ai molti beneSzii, che aveva da lei ricevuto. I primi passi del re ungherese furono sopra le città di Zara, di Nona, di Sebenico, di Spalatro e di Traù; ma i veneziani le avevano presidiate a tempo, e vi spedirono anche molte truppe da sbarco, nel mentre ch’egli le teneva assediate, e cosi poterono impedire che se ne facesse padrone. Ma in quel medesimo tempo,