anno 1320. 39 » circostanze dello Stato. Ma poiché infinite erano le leggi e decreti » venuti in luce nel lungo corso della repubblica, il governo ebbe » cura di raccoglierle in un corpo e formare uno statuto o codice • ad uso della nazione. Ed ecco 1’ origine del magistrato dei con-» servatori delle leggi ( 1), e dei correttori delle leggi, di cui ora tcnia- • mo discorso. Lo scopo di questi ultimi correttori fu quello di • mantenere le magistrature e gli uffizii tutti nei limiti prescritti • dalle leggi, di estirpare gli abusi che nascevano, di conservare • la tranquillila negli animi dei cittadini e di correggere le leggi. • Nel 1553 seguì la prima elezione di questa magistratura, com- • posta di cinque nobili, che nell’ ordine civile erano l’immagine • dei dittatori romani, perché in faccia alla loro giurisdizione do-| » vevano tacere lutti gli altri magistrati. Duravano in carica per » un anno. In questo intervallo di tempo aveano la facoltà di pro-' • porre al maggior Consiglio tulle le leggi, che riputavano ulili al » pubblico bene. Le più celebri correzioni delle leggi avvennero » nel secolo XVII e XVIII, e fra queste le riforme del Consiglio • dei dieci nel 1626 e 1761, la soppressione delle case di ridotto • e dei giuochi di sorte o azzardo nel 1774, e 1’ ultima nel 1780, » per i movimenti rivoluzionari che appalesavansi fra i citfadini. » — IV, per riordinare i codici nazionali civili, criminali e marittimi, fu eletta una magistratura, che nominavasi dei Sopraintcndenti alla compilazione delle leggi ; ma avendo conosciuto il senato, che essa non bastava a togliere la confusione quanto al distribuire le cariche e gli onori, ne creò un’ altra, detta dei Sopraintcndenti alla formazione dei sommarii delle leggi del maggior Consiglio c del Senato, sparse nei libri della cancelleria ducale, e particolarmente in quelli del governo e degli uffizii : da questa dipendeva il Compilatore delle leggi, che necessariamente vi dovette perciò essere eletto. Ma, « ossia che questi compilatori, dice saviamente il Cadorin (2), I» mancassero dell’ingegno necessario, o che il lavoro fosse maggiore (<) Di cui ho parlalo teslc. (2) Luog. cit., pag.