anno 1538. 113 quantità di sale, corrispondente al valore di cinquanta fiorini ; volendo con ciò alludere probabilmente al castello delle saline, piantalo dallo Scaligero e dai veneziani distrutto; origine della guerra, che tuttora si combatteva. Ned a ciò soltanto si limitarono gl’ insulti, che si volevano fare al signore di Verona : volle inoltre Lepre, contestabile delle truppe del principe Carlo, primogenito del re di Boemia, che Andreasio de’ Bossi, colà similmente, dinanzi alle porle della città, desse il cingolo miliiare ad un suo nipote. E la ceremonia fu compiuta con ogni pompa e solennità, senza che nessuno de’veronesi ardisse di uscire a darne molestia. Anzi fu detlo (I), che Mastino slesso, salito sull’altura, eh’è dentro in Verona, se ne stasse tranquillamente osservando ciò clic facevasi dall’ esercito accampato di fuori. E sebbene alcuni soldati d’infanteria abbiano tentato di uscire, coll’intenzione forse di suscitarvi qualche scompiglio, fu vano ogni loro tentativo; perciocché alcuni ne furono uccisi, e molli ne rimasero prigionieri. La qual mossa fu come un segnale delle ostilità, che dovevano incominciare: imperciocché i nostri, dopo di avere ricacciati in città que’ pochi soldati, che poterono sottrarsi dalla morte o dalla prigionia, appiccarono il fuoco ad ambi i lati del borgo sino alle porte di Verona, e si dispersero quinci per le circostanti campagne, mettendo a ferro e a fuoco ogni cosa sino al castello di Monteforle. * Sui quali avvenimenti così ragiona il Verci (2) sapientemente: « Notisi ad universale istruzione la grande volubilità della fortuna, » e maggiormente negli affari delle guerre ; poiché Mastino, poco » tempo avanti, era sì grande e sì possente, che era lenulo comu-» nemenle il maggior principe di tutta l’Italia, o che fosse stalo » da cento anni in qua (3), che aveva poco dianzi minacciato ai » fiorentini di farsi vedere infino alle porle di Firenze con cinque » mila barbute di ferro, che aveva fatto fare una ricchissima corona (i) Ve