l/( I.lituo XIII, CAPO II. inferiori : lulti in corpo avevano il tilolo di Serenissima Signoria. I)iic parole anche sulle loro principali attribuzioni. Apparteneva a questo consesso, per la sua originaria istituzione, l’assistere al doge con prudenti ed opportuni consigli nell’ampia e multiforme amministrazione della pubblica cosa. In conseguenza del quale uffizio, doveva ogni anno, nella prima settimana di ottobre, leggere letteralmente al doge la promissione ducale : e chiunque dei consiglieri lo avesse trovato trasgressore in qual si fosse articolo di essa, aveva il diritto di ammonirlo secretamente. Era sua incumbenza 1’ accettare suppliche di affari civili, c il troncare le controversie, insorte per avventura nel basso ministero circa gli ambiti avanzamenti di officio od il preteso accrescimento di stipendio. Aveva il diritto di poner parti nel gran Consiglio, ossia di proporre all’ approvazione di questo nuove leggi su qual si fosse argomento interessante al ben essere della repubblica : al quale proposito giova notare, che nel maggior Consiglio non si accettavano mai nè domande nè suppliche, se prima non erano state accettale a pluralità di voti dal Consiglio minore. Spellavagli inoltre il diritto d’imporre pene ai giudici e a tutti gli altri officiali, che fossero stati negligenti nell’ adempimento dei loro doveri ; di ordinare 1’ elezione delle cariche ; di consultare sugli affari da proporsi al Consiglio maggiore. Aveva 1’ obbligo di trattenersi in palazzo due giorni per settimana, e registrare in un quaderno i consulti si delle pubbliche cose clic delle private. L’uffizio dei consiglieri era tanto geloso, che nessuno di loro poteva, neppure per un giorno, allontanarsi dalla dominante, senz’ averne ottenuto licenza dal doge ; non potevano vagare a diporto per la città, nè frammischiarsi nelle private società degli altri nobili; non appartenere ad altri uftizii o magistrature ; non intervenire ai pubblici spettacoli se non che mascherali, siccome lo prescrivevano le leggi anche agl’ Inquisitori di stato ed ai capi dei dieci. Poteva questo Consiglio disporre del pubblico patrimonio, rispondere agli ambasciatori o deputati delle città soggette, distribuire cariche ed uffizii, tanto in città che fuori, ed interpretare