262 LIBRO XIV, CAPO XXI». » genovesi permisero loro di stabilire un banco. • Donde il francese scrittore abbia pescalo siffatte notizie noi saprei dire: cerio è, ebe il documento autentico di questa pace ne parla allrimenle. Chiuderò il racconto di coleste ostilità tra le due repubbliche, col dire anche una parola sull’ esito della soggezione dei genovesi alla sovranità dei Visconti, acciocché si conosca sino a qual punto arrivasse la lealtà dei nemici, contro cui Venezia aveva impugnato le armi. Non appena fu terminala la guerra, tanto gloriosa per loro, i genovesi non vollero essere meno intolleranti del giogo di un padrone, clic del trionfo di un loro nemico: si levarono a rivolta contro la casa dei Visconti; ne scacciarono il governatore milanese, eh' era slato mandalo a dominarvi in nome di quelli ; e la finirono coll' eleggersi un doge. Così ricompensarono l’assistenza di quel principe, che con la sua autorità e col suo erario gli aveva salvati dall’ ignominia e ristabiliti nel primitivo lustro nazionale. CAPO XXIII. Ingresso del doge Marino Faliero a Venezia. Tra le varie leggi, che furono stabilite dai correttori della promissione ducale, e delle quali ho fatto menzione poco addietro, una ne tacqui avvertitamente, perchè miglior luogo aveva ad avere in questo capo. Essa fu, che * se il doge che sarà eletto, fusse fuo-» ri di Venezia, i savj possano provvedere del suo ritorno. E quando » fosse il doge ammalato, sia vice-doge uno de’ consiglieri da esser » eletto tra loro. E che il detto sia nominato Viee-luogolenente di • inesser lo Doge, quando i giudici faranno i suoi atti. E che il » governo del ducato sia commesso ai consiglieri e ai capi dei • Quaranta, quando vacherà il ducato, finché sarà eletto 1’ altro • doge. » La qual legge fu stabilita il dì li settembre; il dì medesimo, in cui avvenne 1’ elezione dì Marino Faliero, assente da Venezia ; e perciò sino d’ allora incominciò ad essere posta in vigore.