?» i 2 LIBRO XVI, CAPO IV. e fecero prigioniero il generale che li comandava. Due capitani veneziani col titolo di provveditori presiedevano alle truppe della repubblica, Leonardo Dandolo e Pietro Fontana. Il Fontana infatti nel giorno, in cui ne spettava a lui la amministrazione, assali coraggiosamente i nemici, gl’ incalzò, li disperse ; sicché rimasero in suo potere armi, bagagli e bandiere sì del Carrarese che del re di Ungheria, e tra i mollissimi prigionieri di guerra fu anche il vai-voda di Transilvania, nipote del re Lodovico. A favore dei veneziani si aggiunse altresì 1’ odio dei sudditi padovani contro il loro signore, perciocché dalla sua ambizione ed arroganza ripetevano tutti i mali della guerra, che da oltre un anno angustiavali. Ned egli poteva d’ altronde sperare nuova assistenza dai principi collegati, perchè il duca d’ Austria non aveva più forze da sprecare, e il re d’ Ungheria, che desiderava la liberazione di suo nipote, né voleva indebolire di più le sue truppe, già mostravasi propenso a condizioni di pace. E il papa Gregorio XI la sollecitava altresì. Francesco da Carrara si vide perciò ridotto a così tristo partito da doversi sottomettere alle condizioni dure, per verità, ed umilianti, che la repubblica vincitrice gl’ impose. CAPO IV. Maneggi di pace tra i veneziani e il da Carrara. 1 veneziani infatti seppero giovarsi destramente delle circostanze per non volere acconsentire alla pace, che a prezzo di (»atti durissimi. Dei quali palli erano i preliminari, conservatici dagli storici: — • che Francesco da Carrara confessasse il suo tallo, e ne chiedesse mercè, accusandone la propria arroganza al pontefice, ai cardinali, all’ imperatore, al re di Ungheria ; pagasse alla repubblica trecentomila ducati, a ventimila per anno; levasse da Padova e dal territorio qualunque gabella o sovvenzione a