358 LIBRO XV, CAPO XIII. , Pietro da Moslo, Paolo Dente, Domenico Coniarmi, Domenico Bembo, Alessandro d’Ariner, Domenico Caravelle. Il doge arrivò a Venezia il di 30 agoslo : altri, meno esattamente, lo dissero giunto a'21 ed allri a’20 di quel mese, lo seguo il Trevisan, cronista contemporaneo. Tutti, o quasi tulli, gli scrittori raccontano, che Marco Celsi, padre del doge, ricusò di prestare ossequio a suo figlio, dicendo, t-lie l’autorità paterna non poteva giammai per veruna terrena dignità rimanere soverchiata o diminuita. Perciò il doge fece porre sulla berretta ducale una croce, acciocché dinanzi a quella, seppur non voleva dinanzi al figliuolo, facesse ossequio e riverenza. Colla quale industria dicono, che rimosse la paterna*contrarietà. Tra i primi avvenimenti del dogalo di Lorenzo Celsi, sogliono i cronisti annoverare la v enuta a Venezia del duca d’Austria e del re di Cipro: di quello a’ 29 di sellembre, di questo a’ 5 di dicembre del medesimo anno dell'innalzamento di lui. Il primo condusse in sua compagnia, liberati per le sue premure dal carcere, i due ambasciatori veneziani Pietro Gradenigo e Marco Cornaro, cui abbiamo veduto arrestali «lai castellano di Sench (I). Sfoggiò la repubblica in queste due occasioni tulla la pompa della sua prin-pesca magnificenza, per onorare e il duca e il re con pubbliche feste e sontuosi conviti. Coll’uno e coll’altro furono strette convenzioni di alleanza scambievole. Pare, che il viaggio del duca d’Austria in Italia, abbia avulo uno scopo militare per differenze sue particolari col patriarca di Aquileja; e che, temendo di avere avversa in quella spedizione la repubblica di Venezia, abbia voluto venire egli slesso alla dominante,