anso 1362. 365 • beato Marco Evangelista, e di onore e rinomanza alla nostra città • il dono che le viene offerto dal signore Francesco Petrarca, la • cui fama oggidì è così grande in lutto il mondo, che nessuno a • memoria d’ uomini vi fu tra i cristiani ned evvi, filosofo morale » c poeta, che gli si possa paragonare ; se ne accetti il dono sulle » norme da lui segnale di propria mano nella cedola infrascrilta. » E sino d’ora rimanga preso, che si possa spendere del denaro > del monte per la casa ed abitazione sua a modo di pigione per » tutta la sua vita, secondo che parrà al doge (1), ai Consiglieri e ai » Capi, od alla maggior parte, mentre i procuratori di san Marco » esibiscono di fare le spese necessarie pel locale ove si dovessero » collocare e conservare i libri di lui. E fu presa la parte per sei • consiglieri, tre capi, trentadue de’ XL e più di due terzi del mag- • giore Consiglio. • Mantenne la repubblica la sua promessa col fargli tosto assegnare ad abitazione il grandioso palazzo, che dicevasi delle due torri, situato sulla riva degli Schiavoni, colà appunto ove fu piantato dappresso, alquanto più tardi, il convento del Sepolcro. Era il palazzo di proprietà di Enrico Molin : e il Petrarca vi dimorò alcuni mesi; ma poscia se ne partì. E quanto ai libri, a torto il Darù • fa rimprovero ai veneziani » di non aver usala per conservare quel deposito lulla la cura, che » una origine così illustre si meritava. » Imperciocché dei pochi libri accennati in quella cedola, neppur uno si sa che fosse consegnato alla biblioteca, o che ne servisse, dirò così, di semenzaio a fondarla. E vero, che di quei pochi libri; e lo dice anche il testo, (i) Il testo portato dal Sanudo presso il Muratori dice dominis Consiliariis ; ma l'autografo manoscritto di questo cronista, ncnrde perfettamente coll'originale registro del maggior Consiglio, ha Domino, Consiliariis, ecc. Ed è questa la consueta uwnitr» di esprimere nei regijtri delle ve- neziane magistrature la persona del doge. La qual cosa ignorarono gli stranieri, scrittori di cose veneziane ; c perciò sempre, o quasi sempre,indicarono erroneamen te quel frasario, portando dominis e non domino, quasiché fosse un titolo dei consiglieri e non un antonomastico qualificativo del doge.