anno 1357. 335 tarla con migliore prudenza, fu raddoppiato il collegio de’venticinque Savi, eh’ erano stati scelti nell’ occasione della guerra conlro i genovesi, e furono spediti ambasciatori al re di Ungheria, Pietro Trevisan, Giovanni Gradenigo c il Canccllicr grande Benintendi Uavagnano. Lodovico era in Zara, ed ivi gli si presentarono gl’inviati della repubblica, disposti bensì a conchiudere col minor danno possibile, ma a conchiudere ad ogni costo. In questo framezzo di tempo e finché si prendevano queste determinazioni, le truppe veneziane, che difendevano Trcvigi, azzardarono una improvvisa sortila dalla città, per frenare le scorrerie degli ungheresi, che ne devastavano il territorio. Uscirono in seicento a cavallo e mille a piedi: ed incoraggiati da alcuni prosperi avvenimenti, s’inoltrarono sino a Narvesa, fecero grande bottino di biade e di bestiami, ed attaccarono battaglia coi nemici, che stavano colà alla difesa del luogo. Intanto Tolberlo da Ca-min aveva stretto di assedio il castello di Conegliano, e vi aveva ridotto a mal partito gli ungheresi, che lo presidiavano: ma questi, facendo una disperata irruzione sopra gli assedianti, se ne liberarono e li costrinseso a darsi alla fuga. Rimastone vuoto il campo, gli ungheresi poterono correre in assistenza dei loro colleghi vigorosamente incalzali dai veneziani nelle campagne di Narvesa : presero questi alle spalle ed impedirono loro la ritirata. Fu attaccala la zuffa, la quale incominciò ferocissima in sulle prime; ma poscia i veneziani, cedendo alla sorpresa e alla maggioranza del numero, furono messi in rotta e dispersi. Più di dugento ne rimasero estinti sul campo: gli altri, abbandonata la preda e gettale le armi, si salvarono colla fuga. Narrano i Coriusi (1), che delle armi loro furono caricali cinquanta carri, per mandarle a Padova ad essere vendute. (i) Hist.. lib. XI, cap. io.